Intervista a Renzi: «Folle votare subito, prima governo istituzionale e taglio dei parlamentari»
E ora?
«Andremo in Senato e ci
confronteremo. E qui è in gioco l’Italia, non le correnti dei partiti.
Chiederò di parlare e dirò che votare subito è folle per tre motivi».
Il primo?
«La priorità è evitare l’aumento dell’Iva.
Vanno trovati 23 miliardi di euro. Perché un commerciante deve pagare
la recessione che l’aumento dell’Iva comporterà? Che colpa ne ha quel
commerciante se Salvini si è stancato di Toninelli? Che Toninelli sia
incapace noi lo diciamo da anni. Salvini se ne è accorto solo adesso? Se
votiamo subito l’Iva va dal 22 al 25%? Prima togliamo le clausole e poi
si vota. Ieri abbiamo bruciato 15 miliardi, lo spread è alto, i
risparmiatori soffrono. E con Salvini che chiede “pieni poteri”, i
mercati temono l’uscita dall’euro. Si andrà a votare, certo. Ma prima
vengono i risparmi degli italiani, poi le ambizioni di Capitan
Fracassa».
Servirà una manovra dura.
«No.
Presenteremo in Senato le misure che evitino l’aumento dell’Iva, ne ho
già parlato con i miei. Essere opposizione non significa solo dire no,
ma fare proposte concrete. E il successo della fatturazione elettronica
permetterà di recuperare anche sul 2020: la strada per evitare
l’austerity c’è».
Il secondo?
«Salvini deve
lasciare il Viminale, Conte deve lasciare palazzo Chigi. I due saranno i
leader di Lega e Cinque Stelle alle elezioni? Auguri. Ma, sfiduciati,
non possono essere loro i garanti elettorali. Facciano la campagna, ma
lascino gli uffici pubblici: si trovino un altro modo per pagare i loro
mastodontici staff. Si voti con un governo di garanzia elettorale, non
con questo».
Il Movimento 5 Stelle vuole prima votare il taglio dei parlamentari.
«E
questo è il terzo punto. Considero la riduzione dei parlamentari una
riforma incompleta e demagogica. La nostra riforma modificava il
bicameralismo, garantiva efficienza, assicurava stabilità. Tuttavia i
cittadini hanno deciso, noi abbiamo perso e io mi inchino davanti alla
democrazia. Oggi la cosa è semplice: i 5 Stelle hanno scommesso molto su
questa riforma. A me non piace. Ma devo ammettere che hanno ragione
loro quando dicono che sarebbe un assurdo fermarsi adesso, a un passo
dal traguardo. Si voti in Aula in quarta lettura e si vada al
referendum: siano gli italiani a decidere».
Diranno che volete allungare il brodo per non mollare le poltrone.
«Votare
a novembre con mille parlamentari è più comodo per salvare le poltrone
che votare dopo la riduzione. Facciamo politica, non populismo. Qui non
stiamo tutelando qualche poltrona, ma i risparmi e le regole».
Ma Salvini…
«Salvini ha
accelerato per motivi che noi non sappiamo, ma lui sa benissimo, certo
che li sa. Forse i 49 milioni di euro che la Lega ha sottratto agli
italiani, forse i rubli chiesti dai leghisti alla Russia come tangente,
forse ha finito i soldi per la sua macchina da propaganda sui social.
Per questo va sfidato culturalmente, politicamente e elettoralmente. Ma
le regole si decidono insieme: non può fare il giocatore, l’arbitro e
l’ultrà. Anche perché gli riesce fare solo l’ultrà».
Renzi, proprio lei sta aprendo ai 5 Stelle.
«No.
Faccio un appello a tutti. Dalla Lega ai 5 Stelle, da Forza Italia alla
sinistra radicale, dalle Autonomie ai sovranisti fino ai gruppi
parlamentari del Pd, della cui tenuta non dubito. A tutti. Ci vuole un
governo istituzionale che permetta agli italiani di votare il referendum
sulla riduzione dei parlamentari, che eviti l’aumento dell’Iva, che
gestisca le elezioni senza strumentalizzazioni. Penso che quando
Mattarella inizierà le consultazioni una parte dei parlamentari dovrà
aver già espresso la propria adesione a questo disegno. Così il
presidente potrà valutare l’eventuale incarico a un premier autorevole. A
lui toccheranno le scelte: noi dobbiamo consegnargli una ipotesi
concreta».
Senatore Renzi, come si spiega l’atteggiamento di Salvini?
«Non
me lo spiego. Perché vuol correre? Deve nominare il suo amico Savoini
all’Eni? Possibile che nessuno fiati sulla richiesta di tangenti?
Salvini deve querelare Savoini: perché non lo fa? Ha paura che vuoti il
sacco? Vuole scegliersi il cda di Eni per i rapporti russi? Vuole
nominare i vertici di servizi e forze armate? La polizia non è il suo
corpo armato personale. Ho difeso il figlio di Salvini perché un ragazzo
non merita di essere attaccato per una scelta del padre. Restiamo
umani, per favore: quel ragazzo non ha alcuna responsabilità. Ma
l’atteggiamento di alcuni agenti con i giornalisti non mi ha convinto:
lo ha spiegato benissimo il capo della polizia Gabrielli, che si
conferma assieme ad altri una colonna delle istituzioni democratiche. I
costituzionalisti sono ancora in ferie, probabilmente: si emozionavano
solo ai tempi dell’abolizione del Cnel, oggi stanno zitti. Ma c’è
qualcosa di strano in questa ansia da voto di Salvini. E non capisco
perché il Parlamento dovrebbe assecondarla».
E il Pd? Zingaretti vuole il voto.
«Nell’ultima
settimana sono stato attaccato più volte dai membri della segreteria.
Leggo che il gruppo dirigente vorrebbe votare subito perché almeno si
cambiano i parlamentari renziani: sono pronti a dare cinque anni di
governo a Salvini pur di prendersi i gruppi parlamentari d’opposizione.
Nobile motivazione, per carità, ma riduttiva. Stanno ancora una volta
attaccando il Matteo sbagliato. Zingaretti dice: Renzi ci dia una mano.
Accolgo volentieri l’appello, ma per me la mano va data al Paese più che
alla Ditta».
Qual è la cosa di Salvini che l’ha convinta meno?
«Mi
ha fatto male vedere la strumentalizzazione della Madonna sul decreto
Sicurezza. Nessuno può essere così cinico da speculare sulla fede.
Salvini lo è. Anche per questo credo vada sfidato: siamo una democrazia
parlamentare, andiamo in Parlamento e vediamo se ci sono i numeri per
governare».
Non teme le polemiche per il rinvio del voto?
«Se temessi le polemiche, farei altro. Ma credo sia giusto restituire Salvini ai suoi mojito. E restituire un governo decente agli italiani. Poi si andrà a votare e vincerà il migliore. Ma solo dopo aver evitato l’aumento Iva, ridotto il numero dei parlamentari, garantita la tenuta istituzionale del Paese».
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