Crisi di governo, le 7 scommesse dei protagonisti: da Salvini a Renzi
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Matteo Renzi. Probabilità di successo: 22% diviso 2
Con il Pd non ti annoi mai. Fino a un mese fa l’altro Matteo accusava Zingaretti di voler fare l’inciucio con i Cinquestelle; ora propone un governo con i Cinquestelle pur di non tornare alle urne, e Zingaretti lo accusa di voler fare un inciucio. Sembra il gioco delle sedie: il primo che si ferma vince. Così ora l’epicentro della crisi è finito al solito posto: nel Pd. Se la spunta Renzi, parte la manovra per un governo chiamatelo-come-volete, istituzionale, di transizione, di emergenza, che prova a fare Natale con Di Maio e poi si vede. Se la spunta Zingaretti, il Pd resta all’opposizione e si va a votare in autunno con Gentiloni (o Sala) candidato premier. Se non la spunta nessuno dei due, continuano a litigare e perdono altri voti. Probabilità di successo: 22% diviso 2
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Ursula von der Leyen. Probabilità di successo: più o meno quelle del deficit italiano, sotto il 3%
Voi direte: che c’entra la presidente tedesca della Commissione Europea con la crisi italiana? C’entra. Perché chiunque sia al governo a ottobre, che sia ancora Conte o un garante scelto da Mattarella o il gabinetto Renzi-Di Maio, se vuole superare lo scoglio della Legge di bilancio ha bisogno di un favore dall’Europa per sterilizzare i 23 miliardi di aumenti dell’Iva già previsti, senza però essere costretto a una manovra impopolare di tagli e tasse, che metterebbe benzina nel motore elettorale di Salvini (lui non spera altro). Dunque Ursula c’entra. Un’eventuale maggioranza anti-Salvini non solo dovrebbe ricalcare lo schema Pd-M5S che l’ha votata a Strasburgo, ma avrebbe bisogno anche del suo aiuto. Probabilità di successo: più o meno quelle del deficit italiano, sotto il 3%
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Sergio Mattarella, alla fine decide davvero lui
Alla fine decide davvero lui. Nelle crisi al buio, senza cioè una maggioranza pronta e definita, è sempre così. Può fare tre cose: 1) constata la caduta di Conte al Senato subito dopo Ferragosto, scioglie le Camere e Salvini ha le elezioni il 27 ottobre come vuole (già che non è il 28 ottobre è qualcosa). 2) constata la caduta di Conte e forma un governo di garanzia, perché non può essere Salvini a gestire le elezioni dal Viminale; il nuovo governo non prende la fiducia e resta in carica per l’ordinaria amministrazione, e allora si vota a novembre e forse anche a dicembre. 3) constata dopo la caduta di Conte l’esistenza di un’altra maggioranza di scopo renziano (fermare l’aumento dell’Iva e completare la riforma del numero dei parlamentari) e allora si va fino a primavera. Probabilità di successo: buona la seconda
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Giuseppe Conte. Probabilità di successo: la metà del 32%
Nel pieno della tempesta, il premier ne sta uscendo con dignità. Anzi, se Casalino gli scrive per il dibattito al Senato un discorso alla Churchill («Combatteremo sulle spiagge, combatteremo nei campi e nelle strade, combatteremo sulle colline, non ci arrenderemo mai»), può diventare il simbolo della resistenza pentastellata a Salvini, salvando il possibile delle truppe grilline finite in una trappola mortale come l’esercito inglese a Dunkerque. Issandosi sulle spalle di Di Maio, il leader che non fu, e di Dibba, il leader che fuggì, potrebbe perfino diventare il candidato premier, l’uomo che istituzionalizza il movimento del Vaffa, gli dà una faccia presentabile e magari un giorno lo porterà all’intesa da junior partner con il Pd. Probabilità di successo: la metà del 32%
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Giorgia Meloni. Probabilità di successo: 7%
In questo vero e proprio terremoto politico è l’unica che abbia mantenuto un potere di coalizione, nel senso che a Salvini conviene allearsi con lei nei collegi uninominali se non vuole sprecare seggi. Condizione che non vale invece per Berlusconi, rimasto maledettamente solo: il Cavaliere vorrebbe condizionare il suo sì allo scioglimento delle Camere a un sì di Salvini a una coalizione elettorale comune. Ma il guaio è che il leghista non ha bisogno di lui né per l’una né per l’altra cosa. In quanto alla Sorella d’Italia, è riuscita in un compito non facile: allargare il suo spazio a destra dall’opposizione, pur mentre si dilatava a dismisura lo spazio di Salvini dal governo. Chapeau. A destra c’è un sacco di spazio, oggidì. Probabilità di successo: 7%
Giovanni Toti. Probabilità di successo: pochi seggi
Di lui tutto si può dire tranne che non abbia il senso del timing. È saltato giù dal carro di Forza Italia un attimo prima dello show-down, per preparare un mini-carroccio da affiancare a quello grosso della Lega. Qualsiasi parlamentare di Forza Italia voglia provare ad essere rieletto sa ora che deve bussare alla sua porta, perché lui ha la chiave dei seggi che Salvini concederà a eventuali alleati. Toti vorrebbe essere per il Capitano ciò che la Sinistra Indipendente fu per il Pci: un abito di rispettabilità borghese, per strappare molti seggi, magari con pochi voti. Probabilità di successo: pochi seggi
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