Perché Salvini non può chiedere «pieni poteri»
Le
parole poi rimandano ai concetti. E dietro alla richiesta di
attribuzione di pieni poteri vi è un concetto del tutto antitetico alla missione fondamentale del costituzionalismo: essere argine e limite al potere e alla sua concentrazione in capo ad un unico organo.
E non si tratta certamente di una missione recente: il principio di separazione dei poteri fa parte del Dna originario
del diritto costituzionale liberale. Basti pensare a Montesquieu, che
nel 1748 affermava che “tutto poi sarebbe perduto, se il medesimo uomo o
il medesimo corpo di nobili o del popolo esercitasse tutte e tre le
funzioni”. Vi è poi il celebre articolo 16 della Dichiarazione dei
diritti dell’uomo e del cittadino francese del 1789, ove con chiarezza
cristallina si afferma che «ogni società nella quale la garanzia dei
diritti non è assicurata e la separazione dei poteri non è determinata
non ha una costituzione».
Chiedo agli italiani, se ne hanno voglia, di darmi pieni poteri (..) Siamo in democrazia, chi sceglie Salvini sa cosa sceglie
La frase di Salvini non pare peraltro dal sen fuggita. Pare semmai rivelare una concezione organica nel rapporto tra potere e popolo: il popolo è uno e uno è il capo, che ne è l’incarnazione.
Tutto
il resto – ossia chi, nei modelli di democrazia pluralista come è
(ancora) la nostra, esercita la funzione vitale di “contropotere” –
sembra solo un orpello fastidioso: le opposizioni, per definizione serve
dei poteri forti e antipopolari; gli organi di garanzia e i giudici,
che prima di contraddire chi comanda “debbono farsi eleggere”; la libera
informazione, che ostacola il rapporto diretto tra chi comanda e la
massa. Il che non fa una grinza: il potere pieno non ammette per tesi un
contropotere.
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Paolo
Ridola, maestro del diritto costituzionale comparato, ha ricordato di
recente che Giovanni Spadolini, venticinque anni fa, scrisse che in democrazia chi ha la maggioranza è al governo, non al potere.
Fare invece riferimento al concetto di “potere pieno” scompone in modo
assolutamente intollerabile la dimensione della legittimazione del
potere da quella del limite al potere stesso. Due dimensioni che invero
debbono andare di pari passo.
Se il buongiorno si vede dal mattino, con riferimento alla campagna elettorale di fatto già iniziata, il timore è quello che le prossime elezioni siano un referendum tra due idee opposte del potere e dei suoi limiti, tra due concezioni della democrazia. Se così fosse, sarebbe comunque un arretramento drammatico, dopo decenni nei quali era condivisa l’idea che chi governa decide ma non comanda.
ILSOLE24ORE
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