Forzature d’agosto

Sullo sfondo rimangono le manovre tra Beppe Grillo e Matteo Renzi. Ma hanno l’aria di un pasticcio destinato a essere superato da qualcosa di meno tattico. Non sarà facile comunque spiegarlo all’opinione pubblica. Risponde a una voglia di sopravvivenza che rimuove ogni timore di contraddirsi, dopo avere scagliato anatemi fino a pochi giorni fa contro qualunque intesa col M5S. Il vero limite di questo «fronte anti barbari» in embrione è che per il momento non prefigura una soluzione politica. Al massimo delinea un tentativo di guadagnare tempo per far slittare di qualche settimana o qualche mese le elezioni. Solo un esecutivo politico con ambizioni di legislatura porterebbe il Quirinale a prendere in considerazione un esito diverso dal voto in autunno.

Sarebbe un epilogo incredibile, figlio dell’esigenza di difendersi da una forzatura salviniana fortemente sospetta. La corsa sfrenata dalle spiagge alle urne, col Parlamento convocato a Ferragosto quasi si fosse alla vigilia di una guerra, ha qualcosa di patologico e poco convincente. Salvini non ha spiegato i motivi veri dello strappo improvviso, e questo rende il suo comportamento a dir poco discutibile.
Le dinamiche emerse ieri in Senato danno l’impressione che Il leader leghista stia rischiando molto, e mobilitando resistenze trasversali. E preoccupa non solo in Italia, dove peraltro le contestazioni al vicepremier e ministro dell’Interno si moltiplicano: anche perché un eventuale esecutivo guidato da Salvini eleggerebbe ne 2022 il prossimo capo dello Stato.

Berlusconi vuole garantirsi seggi e spazio di manovra senza essere stritolato dalla Lega, come Meloni. E, benché il fondatore di Forza Italia non abbia alternative, il leader del Carroccio dovrà pagare un prezzo. La resurrezione del centrodestra con fattezze salviniane permetterà tra l’altro ai Cinque Stelle di bersagliarlo in campagna elettorale per «il ritorno da Berlusconi». Tuttavia, per Salvini la vera incognita è quanto il terrore di non essere rieletti potrà cementare maggioranze alternative, oggi ancora nebulose, per impedire la formazione di un governo di garanzia elettorale chiamato a portare l’Italia alle urne tra ottobre e novembre: senza contare qualche brutta sorpresa extrapolitica. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al quale tutti guardano con generosi e interessati omaggi, aspetta che il Parlamento gli fornisca indicazioni meno confuse e strumentali.

CORRIERE.IT


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