Crisi al “Pastation”. I consigli di Verdini a tavola con lo stato maggiore leghista
Anche i proclami bellici sembrano meno convinti, i comizi più blandi, la mascella meno volitiva, in questa crisi più strampalata del mondo che sembra non arrivare mai a un punto fermo. Giocata sull’ambiguità delle parole, nella perdurante sensazione che si risolva in una pagliacciata. La verità è che Salvini si è “incartato”, si sente incastrato, così è, nella classica situazione in cui avanti non riesce ad andare fino in fondo, indietro è difficile tornare. La spallata annunciata è diventato gioco politicista, incomprensibile per il paese, tattica pura, vecchiume di Palazzo, procedura. D’un tratto è scomparsa la sicumera sovranista, il mito della velocità, la fascinazione futurista. E chissà se poi non ha tutti i torti il vecchio Silvio che, dopo l’ultima telefonata, non ha visto tanto bene il ragazzo: “È veramente confuso. Dà l’idea di uno che non sa che vuole fare”.
Ecco, solo una settimana fa il ministro desnudo invocava il “datemi pieni poteri”, “regole ordine e disciplina”, comizio dopo comizio, turpiloquio dopo turpiloquio contro i tanti “rompi…”, e adesso annuncia che la Lega voterà una mozione di sfiducia che non si sa quando sarà discussa. Che è un po’ come dire ti tiro giù, ma oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente per parafrasare il poeta, ovvero Giorgio Gaber. Ecco, lo avevamo capito col suo discorso in Aula, la riapertura del gioco con i Cinque stelle, mai attaccati, “l’amico Di Maio contro cui non dirò mai una parola”, che le parole di Centinaio rivelano candidamente: “Se Luigi Di Maio vuole che la Lega ritiri la mozione, prende in mano il telefono, chiama Matteo Salvini, si incontrano e decideranno insieme se è il caso di proseguire questa iniziativa di Governo”.
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