Crisi di governo, l’addio di Conte a Salvini: il premier prepara il discorso La rottura ormai è insanabile

Ora che la Lega ha annunciato, anche se non formalizzato, la rottura, si sente più libero di esprimere le sue riserve. Fosse per lui, con Salvini non si dovrebbero più stringere patti, e nemmeno stipulare atipici «contratti» come quello sottoscritto con il vicepremier grillino Luigi Di Maio nel giugno del 2018. Quanto è successo a ridosso di Ferragosto, col titolare del Viminale tetragono sul voto a ottobre nonostante Conte gli illustrasse, calendario alla mano, le incognite di quell’azzardo, hanno posato sul capo del Carroccio una patina di inaffidabilità. Dopo avere prosciugato l’elettorato grillino, e lanciato anatemi contro il «governo dei no», ha rotto la maggioranza a freddo, sbagliando però i tempi e gettando di fatto il Paese nel caos. Il vero ostacolo a una ripresa della collaborazione conflittuale col M5S nasce dal timore che tra qualche mese, intercettando i sondaggi favorevoli, si riaffaccino le brame salviniane: senza più manovre finanziarie e rapporti con l’Europa a fare da argine contro il voto.

È la rottura con Bruxelles che Conte ha sempre considerato come il rischio da scongiurare. Nelle due occasioni, una nel dicembre del 2018, l’altra alcune settimane fa, in cui è riuscito a evitare il commissariamento finanziario dell’Italia da parte della Commissione Ue, il premier ha potuto misurare i danni che le uscite leghiste, più di quelle grilline, possono causare. Nei vertici sono rimbalzate le parole di Salvini sulla Russia nella quale ha detto di sentirsi più a casa che in Europa; e i suoi omaggi ripetuti al trumpismo. Prese di posizione che sabotavano la faticosa trattativa di Conte in raccordo col Quirinale presso le cancellerie continentali; e che sono state registrate come presagi di destabilizzazione in vista della manovra finanziaria; e, nell’immediato, come colpi alla credibilità dell’Italia.

Nei giorni scorsi, osservando un Salvini incoronato da decine di selfie, sudato e sorridente in costume sulle spiagge italiane, baciato dai sondaggi e proteso verso le urne, a Palazzo Chigi hanno visto confermato il sospetto di un delirio di onnipotenza: espressione che pare Conte abbia usato più volte negli incontri privati. La battuta d’arresto ricevuta al Senato, e l’apparizione di una nuova maggioranza, tuttora precaria e embrionale, tra M5S e Partito democratico, hanno però riportato la Lega alla realtà: quella dei rapporti di forza parlamentari e delle procedure costituzionali. E, giorno dopo giorno, il traguardo elettorale si è allontanato come un miraggio sulla spiaggia di Milano Marittima, sottolineando la gestione maldestra dell’ultima fase da parte di Salvini. Adesso lo ammettono anche alcuni dei suoi, seppure a voce non troppo alta, perché non si sa come andrà finire. E Conte, l’assediato che si ritrova nel ruolo di assediante involontario, si prepara a uscire da Palazzo Chigi con l’aria serafica con la quale ci è entrato: come uno apparentemente di passaggio. Per questo è improbabile che, quando ci saranno, si candiderà alle elezioni. Piuttosto, si vede nel bel mezzo del traffico romano con la calma surreale di un Ernesto Calindri che nella vecchia pubblicità del Cynar sedeva a un tavolino sorseggiando l’amaro «contro il logorio della vita moderna».

CORRIERE.IT

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