Gli effetti speciali dell’estate politica
di Paolo Mieli
Niente
paura. Gli effetti speciali che hanno allietato l’estate politica di
questo 2019 sono nient’altro che imprevisti dovuti al passaggio da un
sistema elettorale maggioritario (qui da noi temperato) ad un (pur
corretto) proporzionale. Con il sistema proporzionale, com’è
noto, i partiti si presentano alle elezioni l’un contro l’altro
assumendo il volto dell’arme; ma sanno benissimo che dopo il voto
saranno costretti a cercare in Parlamento alleanze di governo con i
nemici del giorno prima. Se tale alleanza la troveranno, in virtù della
disponibilità di qualcuno di questi ex nemici, nulla vieta che qualcuno
di loro, poco tempo dopo, decida di fare un giro di valzer con un altro
ex nemico. Dopodiché il soggetto iniziale potrebbe persino tornare a
ballare con il partner precedente. Per «chiamare» la fine delle danze si
deve poter disporre della maggioranza in almeno una delle due camere,
cosicché nessun’altro possa dar vita a un nuovo esecutivo. Matteo
Salvini ha avuto con sé in qualche momento questa maggioranza? Mai.
Il suo è stato un calcolo sorprendentemente sbagliato che ha indotto in errore i suoi e quasi tutti gli osservatori esterni.
I quali osservatori ritenevano che Salvini facesse affidamento su
qualche complice esterno al centrodestra. Ma questo complice non si è
visto. E così l’estate salviniana iniziata con canti e balli sulle
spiagge si avvia a una conclusione assai più mesta. Con il
protagonista che sembra adesso chiedere l’autorizzazione a tornare sui
propri passi. E può accadere persino che la ottenga. Il che però non
renderebbe meno triste il finale di questa storia.
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