Crisi di governo, il giorno di Conte al Senato. Salvini: “Governo tutti dentro ‘contro’ di me che senso ha?”
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Le dimissioni di Conte: “Mai più con la Lega”
di GOFFREDO DE MARCHIS
Cosa potrebbe succedere oggi in Aula
Il primo snodo fondamentale sarà la Conferenza dei Capigruppo alle 14.30
per stabilire tempi e modalità del dibattito successivo alle
comunicazioni del presidente del Consiglio. Sarà in questa occasione che
si capirà se e quali risoluzioni sono state presentate dai partiti.
Dopo l’intervento del premier, comincerà il dibattito e si potrebbe
arrivare al voto sulle risoluzioni. Non si tratta di un voto di fiducia,
a meno che il premier stesso non la ponga, ma sarebbe un forte segnale
politico.
1. Conte – ed è l’ipotesi più probabile – potrebbe
giocare d’anticipo sul voto ed annunciare la sua intenzione di salire al
Quirinale per dimettersi bloccando di fatto i lavori del Parlamento.
2. Una seconda ipotesi prevede che il presidente del
Consiglio, terminate le comunicazioni al Senato, attenda il dibattito e
il voto sulle risoluzioni presentate dalle varie forze politiche. E si
rechi al Quirinale per dimettersi solo dopo che la Lega avrà votato la
sfiducia al governo.
3. Infine, l’ipotesi meno probabile, è quella di una
ricucitura in extremis tra M5s e Lega, nel caso in cui Conte nel suo
discorso lasciasse uno spiraglio per la ricomposizione della maggioranza
gialloverde.
Le posizioni dei partiti
Dal Movimento 5 stelle, Vito Crimi ha fatto sapere che l’orientamento
sarà di esprimere un voto dopo le comunicazioni di Conte. L’ipotesi
rimane quella di presentare una risoluzione in suo favore sulla quale il
premier potrebbe porre la questione della fiducia. Da parte Lega,
invece, Salvini non vuole esprimersi. Ieri ha dichiarato che avrebbe
ascoltato “senza pregiudizi” il discorso di Conte, oggi farà comunque il
punto coi suoi in mattinata al Senato.
Dopo i rumors secondo cui, dopo gli Stati generali grillini di Marina di Bibbona,
M5s e Pd fossero addirittura arrivate a un accordo di massima su un
governo Conte-bis, dal quartier generale del Nazareno Nicola Zingaretti
non cede e ribadisce la linea ufficiale del partito. Ossia la necessità
della formazione, in caso di un nuovo esecutivo sostenuto dal Pd, di un “governo forte e di rinnovamento anche nei contenuti”. Altrimenti – ripete Zingaretti – “è meglio il voto”.
Lo scenario post Conte
Il problema è lo scenario post Conte. Nei palazzi vengono viste come
ardue entrambe le strade: quella del voto anticipato e quella del
“ribaltone” con il Pd che, insieme a Leu e Radicali, sostituisca la Lega
al governo coi 5 stelle. Quest’ultima ipotesi, avanzata da Matteo Renzi
(che sarà anche lui al Senato e probabilmente interverrà), è molto
temuta dalla Lega e dal suo leader. Al momento non vi sarebbero stati
contatti tra Salvini e la parte dei dem più scettica nei confronti
dell’alleanza coi 5 stelle, ovvero quella che fa capo al segretario
Nicola Zingaretti. Ma i dubbi leghisti riguardano soprattutto Forza
Italia. Come è noto, Salvini non ha un particolare feeling con Mara
Carfagna e le indiscrezioni di stampa riguardo a possibili contatti tra
la vice presidente forzista della Camera e i renziani – smentite
puntualmente da questi ultimi – non sarebbero state gradite in via
Bellerio. E nella Lega si crede fortemente che una parte degli ex
alleati di FI sarebbe disponibile a un “inciucio salva-poltrona”.
Il ruolo di Mattarella
Chiarezza e responsabilità è quanto si aspetta il Quirinale nelle prossime giornate se oggi veramente si formalizzerà l’apertura della crisi. Il presidente Mattarella aspetta e si informa attraverso numerosi contatti riservati. La sua entrata in gioco potrebbe avvenire già oggi se il premier formalizzerà le sue dimissioni. Inevitabile un primo giro di consultazioni, che sarà però determinante per stanare paure, dubbi e veti incrociati delle forze politiche.
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