Un esame di serietà (per tutti)

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di   Antonio Polito |

Per fare un governo è necessario un accordo politico Non basta una convergenza casuale di interessi in competizione tra loro. Oggi sarà anche più difficile

Fare un governo è una cosa seria. Noi italiani ce ne siamo accorti a nostre spese più volte. L’ultima appena quattordici mesi fa, quando Cinquestelle e Lega fecero un pastrocchio e lo chiamarono governo. Contratto, camera di compensazione delle divergenze, premier «pescato» nella società civile, e perfino una bozza di programma che prevedeva di farsi cancellare 250 miliardi del nostro debito publico, ci furono raccontati come il «cambiamento». Invece erano le basi certe per l’insuccesso, la confusione e la paralisi. Difatti. L’esperimento è andato così male che perfino la sua fine ha avuto momenti tragicomici, come la pantomima del Senato in cui Salvini faceva le faccette mentre Conte gli faceva la lezione.

Per fare un governo ci vogliono un accordo politico e una maggioranza politica. Non basta una convergenza casuale, contingente e ipocrita di interessi in competizione tra loro. E oggi ottenerli è anche più difficile di un anno fa. Intanto per la logorante guerra di attrito combattuta in questi mesi su tutto, che ha incattivito il Paese e il clima politico. Poi per il conseguente logoramento di molti protagonisti di allora, soprattutto il gruppo dirigente dei Cinquestelle, che era andato per suonare ed è stato suonato, e ora non si capisce più se può ancora prendere impegni a nome dell’intero movimento. Infine per l’incredibile intrico di manovre personali e di gruppo che si sono stratificate all’interno dei partiti: il Pd ne è il massimo esempio, con le sue correnti a parti invertite, Renzi a favore dell’accordo che impedì un anno fa e Zingaretti che ne farebbe volentieri a meno.

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