Il mondo alla rovescia, le sorprese di una crisi

Luigi Di Maio affida le sue previsioni al Corriere: «Con Salvini sulla manovra parliamo la stessa lingua. Scriviamola insieme, continuiamo a cambiare il Paese. Bisogna abbassare le tasse con la flat tax… La riforma della giustizia si farà, e in tempi brevi… Sull’autonomia stiamo sciogliendo i nodi… Prendiamoci i meriti delle cose fatte e continuiamo su questa strada… Ci aspettiamo che lo spread possa scendere ancora. Con la Lega stiamo trovando la quadra su tutto». Praticamente un profeta.

Quanto a Beppe Grillo, è coerente con se stesso. Ha fondato i 5 Stelle in chiave anti-Pd. Gliel’ha giurata da quando ha chiesto di partecipare alle primarie ed è stato respinto da un altro veggente, Piero Fassino: «Il Pd non è un taxi, se Grillo vuole fare politica fondi un partito, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende» (si preferisce qui tacere l’altra profezia della Sibilla sabauda sulla Appendino sindaca). Grillo ha lanciato il Vaffa-day in piazza Maggiore a Bologna. Il 22 febbraio 2013 a Roma si è preso l’altra piazza storica della sinistra italiana, San Giovanni, per un travolgente comizio di vigilia elettorale mentre Bersani salutava gli intimi all’Ambra Jovinelli. E proprio Bersani veniva additato come il vero nemico: «È peggio di Berlusconi; quello si vede che mente, mentre la sinistra finge di opporsi e invece vuole governare con la destra; si passano la borraccia come Coppi e Bartali». Un mese dopo la sinistra avrebbe fatto l’accordo con Berlusconi — il primo a proporlo fu Franceschini — , e Grillo ha continuato ad attaccare il Pd ogni giorno, fino appunto a tre settimane fa e alla polemica contro «il partito di Bibbiano».

E ora proviamo a leggere le cronache di queste ore. È cambiato tutto. Il mondo alla rovescia. Ogni cosa è sviata dal proprio cammino, avrebbe scritto Umberto Eco: «L’asino suona la lira, i buoi danzano, Maria non ama più la vita contemplativa e Marta non ama più la vita attiva, Lea è sterile, Rachele ha l’occhio carnale, Catone frequenta i lupanari«.

Più modestamente, Salvini ha fatto a pezzi il governo che doveva durare cinque anni ma ha perso il controllo della situazione e forse di se stesso, Di Maio giura che con la Lega è finita per sempre (ma siamo sicuri che il vaticinio stavolta sia giusto?), Renzi ha aperto ai 5 Stelle, Grillo ha aperto al Pd.

A questo punto non dobbiamo stupirci più di nulla. Sia che il governo tra gli antichi nemici grillini e dem si faccia davvero. Sia che i grillini facciano pace con i leghisti. Sia che nasca un governo di garanzia elettorale, cui Renzi annuncerebbe la fiducia seguito dal resto del Pd e dai 5 Stelle, aprendo la via al taglio dei parlamentari e al ripristino del proporzionale (e condannando al definitivo oblio i referendum di Mario Segni in cui stravinse il maggioritario). Ed è possibile pure che si torni al voto.

C’è una cosa però che, purtroppo, non cambia. Il Paese è di nuovo in recessione. Facciamo meno figli che nel 1918, quando gli uomini morivano sul Piave e le donne di febbre spagnola. In Italia vogliono arrivare stranieri spesso disposti a lavorare in nero per poco salario, e dall’Italia vogliono andarsene giovani formati dalla scuola e con il denaro pubblici. Il Paese, insomma, non è cambiato in tre settimane. Neanche negli orientamenti politici e culturali. Spira, come quasi in tutta Europa, un vento di destra rispetto a cui un governo Pd-Grillo nascerebbe in totale controtendenza. L’Italia non è passata dal luglio del Papeete all’agosto di Capalbio.

Il consenso di Salvini è lì, intatto. E potrebbe persino crescere, in particolare al Nord, qualora l’eventuale nuovo esecutivo pensasse alla patrimoniale o altre imposte. Se non riuscirà a ottenere le elezioni, certificando il suo clamoroso abbaglio tattico, allora si capirà davvero quali siano la tenuta e il peso politico dell’ex Capitano vittorioso. Mobiliterà le piazze, magari chiamando a raccolta gli amati ultrà? O capirà che in politica come nella vita è importante saper aspettare? Continuerà a mangiare nutella in diretta social, facendo scrivere allo staff di avere «distrutto Conte» in Senato con uno «stratosferico discorso»? O manterrà il consenso usandolo per preparare il riscatto e costruire una destra in grado di vincere anche con il proporzionale? In sostanza, perderà definitivamente la testa, o la ritroverà? Nel frattempo, aspettiamo a darlo per finito.

CORRIERE.IT

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