Ex Ilva, 14mila operai “ostaggi” della crisi politica e di un microchip nella tuta





Tecnicamente hanno ragione entrambi i fronti: un governo in carica per l’ordinaria amministrazione può trasmettere senza ulteriori passaggi un decreto legge (già esaminato a palazzo Chigi) al Quirinale per la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a meno che nel frattempo non sia stato modificato. E sarebbe questo il caso del Decreto imprese, perché si sarebbe aggiunto un punto relativo ai profili previdenziali del settore costruzioni. Gli uffici tecnici del Mise sono convinti che ora sarebbe sufficiente ripristinare il testo originario del decreto per sbloccare la pubblicazione, ma evidentemente il provvedimento è diventato strumento di uno scontro politico che esula dai contenuti.

L’articolato, ricordiamolo, interviene su alcune crisi industriali e problematiche legate al lavoro. In particolare, reintroduce un’immunità penale parziale per i proprietari e i manager della ex-Ilva di Taranto; stanzia circa 17 milioni per consentire la decontribuzione dei contratti di solidarietà alla Whirlpool; 3,5 milioni per le emergenze in Sardegna (Portovesme con la ex-Alcoa e Porto Torres); 30 per la Sicilia (Termini Imerese con Blutec in primis); un milione per Isernia; introduce agevolazioni tariffarie per le industrie energivore (di nuovo la ex-Alcoa); prevede nuovi tutele per i rider; la proroga delle retribuzioni dei lavoratori socialmente utili e la stabilizzazione dei precari dell’Anpal.

La norma sull’Ilva è esiziale per la più grande acciaieria d’Europa: il 6 settembre scade l’immunità penale complessiva per i proprietari e gli amministratori della ex Ilva, cioè ArcelorMittal, e senza il decreto che ne reintroduce una parziale (limitata ai tempi di esecuzione del piano ambientale), il gruppo indoeuropeo potrebbe rinunciare all’investimento in Italia. Lo ha minacciato apertamente e il 6 settembre si avvicina sempre di più. Una “voglia” di fuga accentuata anche dal calo del mercato europeo dell’acciaio, per il quale ci sono 1400 lavoratori Ilva in cassa integrazione, e dalla chiusura dell’Altoforno 2 imposta dalla magistratura. ArcelorMittal sta soppesando in particolare gli effetti di quest’ultimo provvedimento, perchè l’Afo2 è uno dei tre impianti attualmente in esercizio e vale da solo 1,5 milioni di tonnellate di acciao all’anno, buona poarte dunque dei 5 milioni della produzione complessiva.

Il risultato più immediato della situazione di grande incertezza, è che l’incontro tecnico previsto inizialmente per lunedì al Mise tra i rappresentanti del gruppo e i sindacati, potrebbe slittare. Intanto, a Taranto un nuovo problema sta alzando la tensione tra gli operai e l’azienda: il sindacato di base Usb ha proclamato un giorno di sciopero per il 2 settembre, dopo la distribuzione agli addetti della fabbrica di una tuta dotata di microchip. La novità era stata comunicata ai sindacati il 17 giugno scorso e nella riunione ArcelorMittal aveva spiegato che lo scopo era solamente la tracciabilità del ciclo di vita della tuta, strumentale al lavaggio e alla sanificazione, nel rispetto delle norme di legge. L’Usb non aveva firmato il documento finale di quella riunione e oggi, annunciando lo sciopero, ricorda che proprio le norme prevedono la necessità di un accordo preventivo con i sindacati: “Si può fare un uso distorto della tecnologia – dice Francesco Rizzo, coordinatore Usb Taranto -. Nelle tute ci sono gli operai e controllando le tute si possono controllare le persone”. La Fiom-Cgil, che aveva firmato il documento, non lo aveva però considerato un verbale di accordo e aveva diffidato l’azienda a partire con il sistema di chippatura.

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