Matteo da Firenze, il nuovo Rieccolo

di MICHELE BRAMBILLA

“Rieccolo!”: Indro Montanelli lo diceva di Amintore Fanfani, il democristiano che tornava sempre in pista dopo che l’avevan dato, innumerevoli volte, per sepolto. Oggi Rieccolo è un altro toscanaccio che troppo frettolosamente era stato archiviato fra le meteore della politica, tra le promesse mancate, tra i tanti triturati di questi tempi volatili: Matteo Renzi.
Rieccolo. Martedì scorso al Senato ha parlato da leader. Ma già pochi giorni prima, con un’intervista al Corriere della Sera, aveva ribaltato l’agenda della politica, guastando i piani dell’altro Matteo, ch’era convinto di aver già in tasca le elezioni anticipate. Alla fine del dibattito a palazzo Madama il Matteo leghista ascoltava con le orecchie basse il Matteo fiorentino che così lo ammoniva: “Caro Salvini, so per esperienza che cosa l’aspetta ora. Vedrà rapidamente come la eviteranno quei tanti che, fino a pochi giorni fa, la adulavano”.

Renzi sa bene che cosa sia la Caduta. Il Vuoto nel quale non si trovano più gli amici ma si vedono –- e benissimo – i Traditori. Aveva ricordato, nei giorni della Solitudine, la profezia dell’immancabile Andreotti: “Quando nominerai qualcuno a un posto importante, sappi che farai novantanove scontenti e un ingrato”, e poco importa che il Divo avesse rubato la citazione a Luigi XIV. Gli ingrati! Quel Gentiloni, ad esempio. Matteo non se ne dà pace. Lui lo aveva ripescato dall’oblio e ne aveva fatto, addirittura, un ministro degli Esteri. Ora Gentiloni è – o sarebbe – il suo principale avversario nel Pd. Questa Renzi non riesce a digerirla. Di un Franceschini, ad esempio, non si stupisce. Sa chi è. E non ha mai creduto che fosse suo amico. Ma di Gentiloni sì, lo aveva creduto. 

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