Tutti con Zingaretti per stoppare Di Maio
di ETTORE MARIA COLOMBO
Roma, 28 agosto 2019, Incredibile a dirsi (e difficile a farsi) ma il Pd marcia compatto, nelle ore decisive della trattativa con il M5s. Quando la possibilità di far nascere il nuovo governo giallorosso sembra appesa a un filo, i dem si riscoprono uniti, almeno su un punto: concedere il Viminale a Di Maio è troppo. Zingaretti e i suoi si mettono di traverso, ma anche Renzi. Il senatore di Scandicci sente di continuo il fedelissimo Marcucci, ma ha costanti contatti anche con lo stato maggiore del Nazareno: parla con Orlando e Franceschini. Lo stop a Di Maio viene deciso insieme. Ne è testimonianza il tweet di Francesco Bonifazi, vicinissimo all’ex premier. Bonifazi lo scrive a metà mattina, quando lo stallo è totale: “Sono uno serio e responsabile. Credo al governo istituzionale. E mi va bene anche Conte. Ma se devo accettare Di Maio al Viminale, per me si può andare a votare subito. #CrisiDiGoverno”, cinguetta. Conte bis ok, ma non a tutti i costi è il concetto. Dopo Bonifazi, arriva Marcucci. Poi parte un vero tweet storm che prende di mira Di Maio. Nel pomeriggio sono le tante telefonate tra Zingaretti e Conte a far ripartire la trattativa.
Avere alle spalle un partito (stranamente) compatto consente al segretario di alzare la posta e stoppare Di Maio. L’unità non è monolitica (del resto, è pur sempre il Pd), ma a fare da ‘pierino’ è rimasto solo Carlo Calenda, di cui si dice che, a breve, prenderà il cappello per lanciarsi in nuove avventure (dopo essere stato eletto con i voti del Pd): “Lo spettacolo è indecoroso. C’è un dem che si ribelli ai diktat? Calarsi le braghe non si può. Ritrovate un po’ di orgoglio!”.
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