Streaming addio. Metamorfosi di un grillino

di MICHELE BRAMBILLA

La sera del 15 marzo del 2013 ero in un’osteria del centro di Roma, zona Pantheon, con un collega e amico con il quale avevo seguito il primo giorno della XVII legislatura della Repubblica. A un tratto entrarono alcuni giovani neoparlamentari grillini (allora li chiamavamo ancora così): puliti, educati, a disagio con le loro giacche e cravatte, sembravano teneri remigini. O, per citare Flaiano, marziani a Roma. Erano i primi grillini a entrare in Parlamento e, più in generale, nel mondo della politica romana. A un certo punto l’oste si avvicinò a me e al mio collega e amico e ci disse: “Quelli so’ venuti per cambiare Roma. Ma saremo noi a cambiare loro. Ce semo magnati tutti, da li barbari ai leghisti di Bossi, ce magneremo pure loro”. Questi giorni di trattativa con il Pd testimoniano che l’oste era stato fin troppo facile profeta. Il movimento dei diversi, dei puri, dei mitici ‘cittadini’, si è ormai del tutto adeguato alle vecchie logiche che dicevano di voler seppellire, quelle della cosiddetta “politica politicante”. Già da un pezzo erano scomparsi il divieto di andare in televisione, il rifiuto di allearsi con chicchessia e le dirette streaming. Ora non solo ci si può alleare, ma disinvoltamente si può passare in un battibaleno, senza soluzione di continuità, da Salvini a Zingaretti.

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