Un gioco pericoloso in una situazione difficile
di Massimo Franco
L’impressione sgradevole è che dietro i venti punti caricati ieri a sorpresa sulla trattativa da Di Maio ce ne sia soprattutto uno: il suo ruolo di vice, complicato dai contrasti nel M5S. Sull’altare della sopravvivenza da numero due a Palazzo Chigi, il leader grillino ha deciso di giocare pesante: a costo di mettere a rischio le prospettive dell’esecutivo in embrione di Giuseppe Conte. Nelle parole grondanti nostalgia sui quattordici mesi di contratto con la Lega di Matteo Salvini, si coglie per intero il rimpianto di Di Maio per la fine di quella fase; e l’incapacità di analizzare con occhi freddi la nuova.
Un premier incaricato e imbarazzato ha commentato le parole del suo ex vice all’uscita delle consultazioni con un emblematico: «Non le ho sentite». Risposta diplomatica, che vela lo sconcerto non solo di un Pd irritato per l’ennesimo tentativo di alzare spregiudicatamente la posta. Nello stesso Movimento, dietro l’apparente «quadrato» intorno al leader si colgono malumori palpabili. Tra l’altro, a nessuno è sfuggito che mentre parlava di programma Di Maio ha sostenuto di avere «rinunciato per due volte» a fare il premier: una dopo le Politiche del 2018, qualche settimana fa su proposta di Matteo Salvini.
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