Il Parlamento non si deride E votare non è un gioco
di Angelo Panebianco
Ci sono parole che meglio di altre riflettono gli orientamenti ideologici, le concezioni di coloro che le usano. Tali concezioni, a loro volta, ne ispirano le azioni. Non c’è stato un momento, in tutta la sua storia, in cui la democrazia rappresentativa non abbia subito attacchi. Più intensi e diffusi in certe fasi. Come quella attuale (non solo in Italia). Da quando la democrazia rappresentativa è (di nuovo) sotto assedio, da quando il Parlamento è oggetto di derisione e di disprezzo, qui da noi è diventato di moda insultare l’avversario accusandolo di essere «aggrappato alla poltrona». C’è un rapporto fra l’uso che si pretende ingiurioso di questa parola («poltrona»), l’ostilità per la democrazia rappresentativa e le azioni che ne conseguono. Come la proposta di ridurre il numero dei parlamentari. A certe condizioni, la riduzione può essere una buona idea, può migliorare la funzionalità della democrazia. Ma se quelle condizioni mancano, allora si tratta di una proposta tecnicamente eversiva, un attacco all’istituzione Parlamento in quanto tale. Che rapporto c’è fra la suddetta proposta, nella versione dei 5 Stelle, e la questione delle «poltrone» e connesse ingiurie? A quale poltrona l’avversario è accusato di essere aggrappato? È evidente: la poltrona di cui si parla è un seggio parlamentare (nonché altre posizioni direttamente o indirettamente connesse al processo elettorale-rappresentativo).
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