Totoministri, per l’Economia il nome è Gualtieri. Esteri a Di Maio, torna Franceschini

Stefano Patuanelli (M5S), che da capogruppo al Senato ha maturato rapporti stretti con l’omologo renziano Andrea Marcucci, sarebbe finito ai Rapporti con il Parlamento. Liberando dunque la casella delle Infrastrutture assegnata alla vice segretaria del Pd Paola De Micheli.

Sul fronte dell’Economia è consolidata la candidatura dell’europarlamentare Roberto Gualtieri (Pd) sulla delicata poltrona di via XX Settembre. Una scelta, questa, che obbligherebbe Conte a indicare un esponente del M5S (forse Laura Castelli molto vicina a Di Maio) per il ricco ministero delle Attività produttive che verrebbe diviso dal Lavoro (assegnato stavolta al grillino Nicola Morra). Dario Franceschini, che sarà capo delegazione dei ministri Pd, salvo ripensamenti tornerà ai Beni culturali. Mentre la renziana Anna Ascani dovrebbe andare agli Affari regionali (sono in ballo altre due autorevoli candidature: Vasco Errani di Leu e Vincenzo Presutto M5S). La renziana Teresa Bellanova, ex Cgil, andrebbe all’Agricoltura depurata però dalla delega al Turismo che torna in area Beni culturali. In nottata una delegazione di Leu («O stanotte o mai più») ha trattato a Palazzo Chigi anche un posto da ministro dell’Ambiente per Rossella Muroni (ex Legambiente). (Dino Martirano)

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Economia- Gualtieri

Spetta al Pd indicare il responsabile dell’Economia. Per i democratici la prima scelta delicata è stata fra la tradizione degli indipendenti — dura dal 2011 — o un politico. Un tecnico aiuta a trattare con freddezza il tema più esplosivo, tasse e spese. Un politico ha le spalle più coperte in Parlamento quando si tratterà di scontentare gruppi d’interesse. Il Pd è orientato per la seconda ipotesi e punta su Roberto Gualtieri, vicedirettore dell’Istituto Gramsci e presidente (confermato) della Commissione economia e finanza dell’Europarlamento. Gualtieri, uno storico contemporaneista della Sapienza (autore di un libro su Dc e Pci fra 1943 e 1992) è molto apprezzato a Bruxelles come in Italia per la notevole caparbietà sul lavoro e la padronanza di regole e procedure europee sia nella finanza pubblica che sulle banche. È stato un protagonista delle trattative per rendere meno rigide le norme sugli aiuti di Stato agli istituti. Pochi conoscono come lui l’alfabeto non scritto dei negoziati finanziari di Bruxelles. Gualtieri in questi anni ha lavorato molto perché non partissero procedure sui conti dell’Italia (anche durante il governo Lega-M5S). Il nuovo ministro avrà subito bisogno di queste sue qualità: dato lo stato dei conti, il governo dovrà partire negoziando a Bruxelles un aumento del deficit 2020. E neanche quello gli eviterà una manovra impegnativa. (Federico Fubini))

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Interno- Lamorgese

Chi l’ha conosciuta come capo di gabinetto del Viminale la ricorda per la capacità di gestire anche le situazioni più critiche. Prefetto di grande esperienza, Luciana Lamorgese è stata ritenuta sin dall’inizio della partita per la formazione del governo Pd-M5S, il «tecnico» in grado di riportare alla «normalità» il ministero dell’Interno dopo i 14 mesi di Matteo Salvini. Ma anche di riaprire il dialogo con l’Europa in materia di immigrazione. Nata a Potenza l’11 settembre 1953, sposata con due figli, laureata in Giurisprudenza, attualmente Lamorgese è al Consiglio di Stato. A meno di sorprese dell’ultima ora, dovrebbe essere lei ad occupare la poltrona di uno dei dicasteri strategici per ogni esecutivo. In corsa rimane il capo della polizia Franco Gabrielli perché le «pressioni» di entrambi i partiti della nuova maggioranza sono state forti, però è stato proprio lui a ribadire la volontà di rimanere al proprio posto «che è sempre stato il sogno della mia vita». Il capitolo certamente più spinoso — anche perché è prevedibile che Salvini all’opposizione lo userà come cavallo di battaglia — è certamente quello relativo alla gestione dei flussi migratori. Senza tralasciare i decreti Sicurezza che il nuovo governo si è impegnato a modificare seguendo i rilievi mossi dal capo dello Stato Sergio Mattarella. E dovranno essere riscritti proprio dal Viminale (Fiorenza Sarzanini).

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Esteri- Di Maio

Alla fine il capo politico del M5S avrebbe ottenuto un ministero di serie A con un incarico di grande visibilità . Se sarà confermato alla Farnesina, Luigi Di Maio dovrà innanzitutto impadronirsi dei numerosi dossier lasciati in eredità dai suoi predecessori (Paolo Gentiloni, Angelino Alfano e, da ultimo, il tecnico Enzo Moavero Milanesi) con un compito aggiuntivo che riguarda la Libia. Il governo Conte I, ma anche quello precedente guidato da Gentiloni, aveva «baricentrato» soprattutto sul ministero dell’Interno il rapporto con il governo di Fayez al Sarraj e con quello guidato dal generale Khalifa Aftar. Per affrontare il nodo della Libia (e tutto ciò che ne consegue in termini di politiche su sicurezza e immigrazione), il neo ministro Di Maio dovrà ripartire dai risultati (scarsi) della conferenza di Palermo organizzata dall’Italia nell’autunno del 2018. Altro fronte sensibile — e qui il nuovo inquilino della Farnesina non può che giocare «in squadra» con il presidente Conte e con il capo dello Stato — è quello del mantenimento convinto dell’Italia nei circuiti atlantici con una costante attenzione a non far mancare alla Ue l’appoggio tradizionalmente assicurato da uno dei Paesi fondatori. Di Maio ha già maturato al Mise molta pratica con il mondo cinese e c’è da ritenere che continuerà a coltivare i rapporti con il governo di Pechino (Dino Martirano).

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Lavoro- Morra

Quella del ministero del Lavoro è una delle poltrone ancora in bilico. Nelle ultime ore sono salite le quotazioni di Nicola Morra del Movimento 5 Stelle, al momento presidente della commissione Antimafia. Fino a poche ore prima il ruolo sembrava destinato al Pd, che aveva designato Teresa Bellanova, ex sindacalista della Cgil già sottosegretario e viceministro nei governi Renzi e Gentiloni, o in subordine Giuseppe Provenzano. Ma alla fine questo ministero chiave, finora nelle mani di Luigi Di Maio, dovrebbe restare ai 5 Stelle. Nato a Genova, laureato in Filosofia, professore di liceo in Calabria, nella passata legislatura Morra era stato per pochi mesi capogruppo del M5S al Senato. Il suo nome è stato fatto anche come possibile ministro dell’Istruzione.

Il Lavoro è uno dei ministeri più delicati nel governo giallorosso. Ed è anche uno dei temi sui quali Movimento 5 Stelle e Pd sono più distanti. È vero che è stato trovato l’accordo sul taglio del cuneo fiscale, risorse permettendo, e sull’introduzione del salario minimo. Ma nel programma originario del M5S c’è il ritorno dell’articolo 18, con le garanzie contro il licenziamento, proprio quello cancellato dal Pd con il Jobs act del governo Renzi. Il tema non viene affrontato nel programma del nuovo governo, e non è un caso. Ma è difficile che su questo punto la tensione non si faccia sentire (Lorenzo Salvia).

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Giustizia- Bonafede

Se Alfonso Bonafede rimarrà ministro della Giustizia, logica vorrebbe che intenda ripartire dal suo «epocale» progetto di riforma rivelatosi uno dei punti di rottura con l’ex alleato Matteo Salvini, che l’ha definito «acqua fresca». Il Partito democratico, nuovo partner di governo, non ha avuto il tempo di dire la sua, ma di certo su molte questioni le distanze restano. A cominciare dalla proposta di elezione del Consiglio superiore della magistratura attraverso un sorteggio preliminare dei candidati, considerata poco seria oltre che a forte rischio di incostituzionalità. Sulla necessità di ridurre i tempi dei processi sono ovviamente tutti d’accordo, ma sulle soluzioni non c’è mai stata armonia tra le ricette grilline e quelle del Pd. Così come sull’abolizione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, introdotta dalla legge Spazzacorrotti, marchio di fabbrica di Bonafede fortemente criticata dall’opposizione di sinistra che si appresta a entrare in maggioranza; quella riforma ha cancellato la precedente varata su proposta dell’ex ministro del Pd Orlando appena un anno prima. E sulle intercettazioni, altro tema sempre caldo e «divisivo», l’unica mossa fatta finora da Bonafede è stata congelare le norme approvate dal centrosinistra, com’è avvenuto con la riforma carceraria. Serviranno nuovi accordi e molte mediazioni (Giovanni Bianconi).

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Infrastrutture- De Micheli

Piacentina, laureata in Scienze politiche, in Parlamento dal 2008, tre incarichi di governo, oggi vicesegretaria del Pd, è Paola De Micheli la candidata a guidare il ministero delle Infrastrutture nel nuovo governo di 5 Stelle e Pd.

Nel passato più recente ha ricoperto un ruolo molto operativo, come Commissario alla ricostruzione post sismica del Centro Italia, dopo Vasco Errani e prima di Piero Farabollini. In Appennino è stata una presenza costante. «Una donna da cantiere» la chiamavano, anche se si è attirata qualche critica per le lentezze della macchina messa in piedi per la ricostruzione.

Nel governo Renzi, per oltre due anni, ha ricoperto l’incarico di sottosegretario all’Economia, che ha mantenuto, con Pier Carlo Padoan ministro, anche nel governo di Paolo Gentiloni, che poi la nominò sottosegretario a Palazzo Chigi. Dal 2016 è anche presidente della Lega di Pallavolo di serie A.

Alle Infrastrutture erediterebbe dossier scottanti almeno quanto quello della ricostruzione, per molti versi collegato. Dalle grandi opere da sottoporre a nuove analisi costi-benefici, alla revisione delle concessioni autostradali, tanto per cominciare. Anche se il programma del governo giallorosso sorvola sulle questioni controverse, sollecitando ammodernamenti e nuove opere sostenibili sul piano sociale e ambientale (Mario Sensini).

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