Sostiene l’accoglienza diffusa. Al Viminale arriva l’anti Salvini

Proprio perché sconosciuta, in primo luogo ci si chiede che tipo di politiche potrebbe applicare e come potrebbe approcciarsi alle tematiche chiamata ad affrontare. A partire dall’immigrazione, l’argomento forse più sentito tra i cittadini e di sicuro quello più importante affrontato dai suoi due predecessori, Minniti prima e Salvini dopo. Un argomento che lei conosce bene, essendo stata al Viminale proprio al fianco sia di Alfano che di Minniti, prima di essere nominata prefetto di Milano. Ed è questa, fino al giuramento al Quirinale, la sua esperienza più importante.

Rimane all’interno della prefettura del capoluogo lombardo per il biennio 2017 – 2018, sembra agire su più fronti in modo “diplomatico”. Ad esempio è lei ad autorizzare il blitz della polizia attorno la stazione centrale di Milano nel 2017, con il quale vengono identificati diversi migranti irregolari e con il quale per la prima volta si crea un attento monitoraggio della situazione in una delle zone più delicate della città. Un’operazione che però scatena le ire del sindaco Beppe Sala e lei, dicono voci di corridoio, per evitare di farsi nemico il primo cittadino allora vieta qualsiasi contro manifestazione al gay pride.

Diplomazia e monitoraggio, queste le due parole d’ordine del suo operato, tanto che, come si legge su La Verità, il neo ministro dell’interno si guadagna il soprannome di “Lady Monitoraggio”. Qualche screzio con Sala, condito da qualche riavvicinamento, al tempo stesso però non mancano screzi anche con la Lega.

Questo perché quando è prefetto di Milano è lei a lanciare l’esperimento della cosiddetta “accoglienza diffusa”, un tipo di accoglienza cioè che viene svolta non in grossi centri d’accoglienza all’interno di grandi città, ma distribuita in piccoli centri in tutta la provincia. Un esperimento però bocciato da molti primi cittadini, molti dei quali del Carroccio.

Ad essere diffusa, prima ancora dell’accoglienza, è la sensazione di malcontento. Tanto è vero che la stessa Lega ne chiede le dimissioni. A fine 2018 la Lamorgese torna a Roma al Consiglio di Stato, ultima esperienza prima di essere nominata titolare del dicastero più importante per quanto riguarda la sicurezza.

Lamorgese ha un’eredità pesante da gestire, visto che chi occupa il posto prima di lei è per 14 mesi la personalità di governo più in vista sotto il profilo mediatico. Le attenzioni sull’ex prefetto di Milano saranno massime, specie per l’appunto sull’immigrazione. Farà un cambio di rotta, come auspicato dal Pd? Farà entrare senza problemi le navi delle Ong a differenza di Salvini?

Al momento è difficile rispondere. Andando a vedere le sue precedenti esperienze forse, anche in questo caso, proverà in primo luogo a non farsi nemici né in un campo e né in un altro e, in ossequio al suo soprannome, a “monitorare” la situazione.

IL GIORNALE

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