Spread, Btp sotto l’1%. Ma Spagna e Portogallo pagano ancora meno. Perché?
Anche se, va ricordato, che anche anni prima, per alcuni mesi, il Tesoro spagnolo pagò rendimenti inferiori a quello di Roma. Eppure, se ci si riferisce alla situazione politica, a Madrid per la quarta volta in quattro anni, forse, gli elettori saranno chiamati alle urne in anticipo rispetto alle scadenze naturali. Mentre a Lisbona presidente della Repubblica e primo ministro appartengono a schieramenti diversi e che, in passato, hanno manifestato forti contrasti. Non che in Italia la durata dei governi in carica proponga dati entusiasmanti, perché la loro vita media supera di poco un anno, a prescindere che si tratti di Prima, Seconda o Terza Repubblica, come qualcuno definisce l’attuale fase politica italiana.
Il vulnus, probabilmente, ha sede nella situazione finanziaria del Paese, anche se, come spesso si verifica, le scelte della politica ne appesantiscono il fardello. Come si è avuto modo di verificare negli ultimi quindici mesi: da maggio 2018. Progressivamente il rendimento del Btp decennale si è portato a toccare il 3,62%, tra ottobre e novembre scorsi. E come si può rilevare in questi ultimi giorni, in fase di ricerca di composizione dell’ennesimo esecutivo giovedì scorso, in sede di asta, la stessa scadenza è scesa, seppure marginalmente, al di sotto dell’1 per cento, allo 0,96% al pubblico, che diviene 0,99% per gli operatori professionali che intervengono in asta, grazie alle provvigioni loro riconosciute. Ebbene, l’analoga emissione portoghese paga 81 centesimi di punto in meno e quella spagnola 84. Sempre in meno. Per non parlare di quella tedesca che offre agli investitori un rendimento negativo dello 0,71%. Perfino nei confronti del Tesoro di Berlino il differenziale di rendimento, più noto come spread, appare eccessivo. Figuriamoci nei confronti del Tesoro di Madrid e di Lisbona. reddito fisso
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di Angelo Drusiani
Perché è vero che ogni anno il Tesoro italiano propone ai mercati poco più di 400 miliardi di euro di titoli in asta, a partire dalla durata semestrale e per toccare la punta massima di poco meno di 50 anni. Se in un arco temporale così breve, poco meno di due settimane, il differenziale di rendimento tra titoli italiani e tedeschi si è ridotto da circa 240 punti base a 175 significa che spazi per scendere ancora ve ne sono. Perché ora i mercati credono che la nuova compagine governativa sarà più in sintonia con i dettami dell’Unione europea. Con conseguenti aumenti in conto capitale, come è avvenuto nelle settimane scorse.
Se a questa novità, sebbene si tratti di un ritorno al passato, si aggiungono i probabili effetti positivi delle future operazioni di acquisto di titoli di Stato da parte della Banca centrale europea, non è da escludere che, soprattutto, le quotazioni dei Btp a maggiore durata potranno beneficiare di ulteriori incrementi. L’obiettivo è di ridurre il differenziale non tanto con le emissioni di Berlino quanto con quelle di Madrid e Lisbona, perché le attuali distanze sono eccessive e non giustificabili.
In quest’ottica, il nuovo governo dovrebbe lavorare, affinché il Paese ritorni ad una normalità finanziaria, che, gradualmente, stava sfuggendo. Non ne beneficeranno solo i conti pubblici, ma anche le valorizzazioni dei titoli che molti risparmiatori italiani detengono in portafoglio. Perché è vero che prima ci sono gli italiani. Ma quelli che sono anche risparmiatori ai titoli di Stato hanno sempre fornito un aiuto irrinunciabile.
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