Il motore del Paese. Chi impasta la pagnotta
La famosa austerity (che forse non c’è nemmeno mai stata, almeno negli ultimi tre-quattro anni) scompare e al suo posto arriva una cosa che si chiama flessibilità e l’invito ai governi a tagliare le tasse (chi può). Il denaro, insomma, non mancherà. Solo che per non andare in crisi gli imprenditori del Nord devono fare delle cose e venderle. Devono stare sui mercati. E qui è una questione di idee e di competitività. E allora qualche timore è giustificato. Questo governo nasce per essere anche, se non soprattutto, un governo assistenziale, con un occhio di riguardo per povertà grandi e piccole, ma molto disattento ai problemi della crescita. Nasce, cioè, con un vecchio vizio della politica italiana: veloce e sollecito nel distribuire reddito, assai più lento nel produrlo e farlo crescere. E, alla fine, la possibilità che il peso redistributivo ricada soprattutto sulle regioni che il reddito lo producono davvero è abbastanza consistente. Che cosa si può fare? Non molto. Se non ricordare a chi sta al governo, ogni ora, che la torta, prima di farla a fette, bisogna impastarla e cuocerla. E questo si fa, in prevalenza, qui al Nord. Se Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto si fermano, niente torta e nemmeno pagnotta.
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