Floris «Salvini ora è fuori gioco. E il governo vivrà solo con un passo più lungo»
Un po’ come quello del premier Gentiloni nel dopo-Renzi?
«Sì,
a pensarci bene in Italia c’è sempre stato l’alternarsi di politici del
“tutto e subito”, come Berlusconi, Renzi, Grillo, Salvini stesso, e
altri, come Prodi, Letta, Ciampi, più profondi e meno immediati».
Ha l’impressione che i primi passi mossi in questi giorni dal governo giallo-rosso vadano nella giusta direzione?
«La
partenza non è stata delle migliori, con singoli ministri che dicono
quello che vorrebbero fare, secondo una vecchia dinamica che ha già
portato tutti alla sconfitta. Forse converrebbe loro allungare lo
sguardo e parlare di obiettivi strategici, non di singole contingenze:
politiche abitative, asili, scuola…».
Intanto, secondo il
sondaggio di Nando Pagnoncelli, pubblicato dal «Corriere della Sera»
ieri, solo il 36% dell’opinione pubblica approva questo governo, contro
il 60% totalizzato dal governo giallo-verde al suo insediamento.
«Il
cambiamento è stato repentino. Salvini finora aveva convinto gli
italiani che l’Europa era nemica, ora improvvisamente l’Europa torna
amica. Ci vuole tempo».
Salvini è stato molto ingenuo nel far cadere il suo stesso governo?
«Sembrerebbe
un errore inspiegabile. Aveva un consenso altissimo ma non gli è
bastato: ha rilanciato. Forse gli avrebbe giovato essere più inclusivo. È
stato talmente di destra che ha spinto i 5Stelle a sinistra».
Il leader politico Luigi Di Maio come esce da questa partita?
«Per
quanto il governo non abbia molto gradimento, il M5S è in crescita. Il
merito è molto di Beppe Grillo, che è andato oltre il gioco dei “due
forni” di Di Maio, scegliendo di guardare a sinistra. Forse è la vera
natura del Movimento? Se così fosse, contro la natura non si può
andare».
Il Partito democratico torna al governo ma a che prezzo?
«Il
Pd è che ha vissuto crisi terrificanti ma da un bel po’ sta là, col suo
20%. La sua forza è essere un partito strutturato: il segretario Nicola
Zingaretti ha fatto un buon lavoro e anche Matteo Renzi ne esce bene
avendo rinunciato all’isolamento».
Il premier Giuseppe Conte può dirsi l’ultimo dei democristiani?
«In
realtà è una figura tipica del centrosinistra di governo. Un professore
universitario, dotato di senso istituzionale. Forse è più simile ai 5
Stelle del futuro che a quelli del passato. Molto simile a un Pd…».
Questo governo durerà fino alla prossima elezione del capo dello Stato nel 2022?
«Solo sei governi hanno superato i due anni in Italia. Non sarà facile, ma vedremo».
Le sembra giusto che i
social network insorgano per difendere la terza media del ministro
dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, ma insultino Di Maio per le sue
sgrammaticature?
«È tutto sbagliato. Ignorante è chi non
capisce e non si fa capire. Può avere anche tre lauree un ignorante. La
scuola offre gli strumenti giusti per comprendere la realtà ma non è
l’unico modo per riuscirci».
Il Movimento 5 Stelle è stato accusato di incompetenza. Quella fase può considerarsi superata dopo la prova del primo governo?
«Il
Movimento ha dovuto imparare la politica quando già si trovava a
livelli molto alti. Probabilmente adesso commetterà meno errori».
I talk come il suo
«DiMartedì», che riprende il 10 settembre su La7 in prima serata, si
nutrono di contrapposizioni. Si aspetta di trovarne di più dentro il
governo o fuori?
«Le squadre sono fatte: c’è un centrosinistra che governa e un centrodestra all’opposizione. Lo scontro è questo».
È confermata anche quest’anno la striscia satirica nel suo programma?
«Certo. Gene Gnocchi è una sicurezza».
Lei ha reso un personaggio controverso, come l’ex ministra Elsa Fornero, molto popolare. Come ci è riuscito?
«Ne ho grande stima. E il pubblico ne apprezza l’onestà intellettuale. É questo alla fine che determina il gradimento di un ospite».
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