Distribuzione dei profughi e centri d’accoglienza Così Roma tratta con la Ue

Le quote per la Ue

Il dialogo con le Ong, dopo lo scontro aspro con Salvini, passa da una regolamentazione alla quale il governo non sembra intenzionato a rinunciare. L’Italia non vuole essere l’unico centro di smistamento dei profughi e per questo il negoziato con la Ue prevede al primo punto regole chiare sulla distribuzione di chi sbarca sulle nostre coste. Si discute sulla necessità di procedere con la fissazione delle quote o comunque sulla disponibilità degli altri Stati ad accogliere i migranti quando sono ancora a bordo delle navi. E dunque non si esclude il ritorno a un progetto comune sul modello «Triton» che prevedeva una gestione condivisa del controllo delle frontiere marittime. In questo quadro si inserisce la revisione del decreto sicurezza che non avrà tempi brevissimi, ma dovrà comunque recepire le indicazioni del Quirinale rispetto alla necessità di rivedere le multe per chi viola i divieti di ingresso tenendo conto «dell’obbligo di prestare soccorso a chi si trova in difficoltà» previsto dalle convenzioni internazionali.

Accoglienza e rimpatri

I grandi centri di accoglienza non sono «sostenibili» e così si pensa a una gestione di piccole strutture per i profughi, proprio come avviene a Milano, ma anche in città di altre Regioni. È quel «senso di squadra» che Lamorgese aveva sottolineato al momento di siglare l’accordo con il sindaco Beppe Sala. Una linea che naturalmente non potrà tralasciare, ed è questo uno dei temi in discussione con la Ue, la previsione di effettuare l’identificazione dei profughi già nei Paesi di origine e comunque di ottenere fondi e collaborazione per i rimpatri. Oltre alle trattative bilaterali dell’Italia per la riammissione negli Stati di partenza, l’obiettivo è la delega alla Commissione europea per un accordo più ampio che coinvolga le strutture internazionali come L’Oim e l’Unhcr, proprio per ribadire la necessità di una strategia condivisa che non faccia tornare il nostro Paese ad essere «l’unica porta d’Europa». E dunque metta a disposizione i fondi, ma soprattutto i mezzi necessari.

I soldi per la polizia

La necessità di reperire risorse del resto trova conferma nella lettera inviata il 5 settembre dal dipartimento di pubblica sicurezza al sindacato Silp Cgil che sollecitava il pagamento degli straordinari fatti nel 2018 e nel 2019. «Le prestazioni — si sottolinea — potranno essere messe in liquidazione in presenza delle accertata disponibilità finanziaria. Le ore di straordinario rese nel 2018 qualora non liquidate e non recuperate entro il 31 dicembre 2019, saranno comunque retribuite entro il 2020. Sono in corso le iniziative finalizzate al reperimento delle risorse aggiuntive». Messaggio esplicito che fa dire al segretario Daniele Tissone: «Per 14 mesi abbiamo avuto un ministro dell’Interno che ha parlato di sicurezza ogni giorno sui social, ma non ha messo risorse sufficienti per le esigenze dei “suoi” poliziotti. Il nuovo governo non potrà fare miracoli, ma pretendiamo e auspichiamo un cambio di rotta».

CORRIERE.IT

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