La battaglia dei governatori: “Siamo tutti per l’autonomia”

Giovanni Toti riassume alla sua maniera, spargendo cauto pessimismo: «Mi aspetto molto, temo che si farà poco. Litigheranno per un po’, per un annetto, poi si vedrà».

Insomma, vietato illudersi: l’autonomia che non era decollata nella stagione salviniana dell’esecutivo gialloverde non spiccherà il volo nemmeno nell’epoca della coabitazione fra Cinque stelle e Pd.

Intanto il governatore De Luca si aggira come una mina vagante fra imprenditori e finanzieri. Fulmina con lo sguardo chi gli chiede se si alleerà con Di Maio: «Tu vuoi proprio la rissa». Uno show che prosegue nel corso dei lavori; gli domandano il suo punto di vista sulla squadra di ministri del Sud e lui si fa sferzante: «Lo vogliamo austroungarico, quello del Sud ha combinato un sacco di guai». Di più: «Il più grande atto di masochismo del Sud credo sia stato provocato da un ministro del Sud che al Sud ha offerto il famoso reddito di cittadinanza, causa della quasi totale scomparsa del lavoro stagionale». Che non conviene più.

Insomma, Di Maio è sempre sulla croce del governatore campano che incrocia le lame anche con il collega della Lombardia.

Attacca Fontana: «Vogliamo l’autonomia su scuola e sanità. Non accetteremo mai un’autonomia senza queste due materie». De Luca ribolle: «Se si tocca la scuola si mina l’unità nazionale. Una scuola su base regionale non si farà mai. No a una scuola di serie A e a una di serie B».

Intanto, come fosse uno scacchista, Fontana sta conducendo un’altra battaglia in simultanea contro Roma: «Aspettiamo l’incontro con il ministro Boccia». Che non si tira indietro: «Voglio rassicurare Fontana. Andro’ da lui, da Bonaccini e da Zaia ma non accetto ultimatum».

Ricette e proposte. Forse Toti non sbaglia quando afferma che «questo governo è un compromesso al ribasso». C’è il rischio di rimanere intrappolati in un eterno gioco dell’oca.

Fontana, in partenza per Monza e per il trionfo della Ferrari, appena vede una telecamera parte con il suo mantra: «Questa non è la secessione dei ricchi. Non porteremo via un euro alle altre regioni».

De Luca intanto va avanti con le sue esternazioni. Rosario Rasizza, amministratore delegato di Openjobmetis, colosso dell’interinale, lo stuzzica: «Che fine faranno questi navigator?». Quattrocento precari che De Luca tiene alla porta. Lui replica ruvido come cartavetrata: «Che vadano all’Anpal. Io non firmerò nemmeno un contratto». È il reddito di cittadinanza che genera disoccupazione.

Battute. Schermaglie. Scambi di colpi in attesa delle prime mosse del Conte 2. Quando il sole fa capolino, i trolley hanno già portato via l’inquietudine generale. Almeno per oggi.

IL GIORNALE

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