Nuovo governo, la partita interna

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di   Massimo Franco

La metamorfosi è compiuta. Nel discorso di ieri alle Camere, Giuseppe Conte ha sepolto la politica e le alleanze del suo alter ego al vertice di un esecutivo giallo-verde per quattordici mesi. Non ha cambiato solo maggioranza, ma toni e punti di riferimento. I due elementi di discontinuità sono il ritorno convinto all’ortodossia euroatlantica e l’impegno a riformare la legge elettorale. Si tratta dei perni intorno ai quali il governo tra M5S e Pd intende muoversi: per puntellarsi a livello internazionale e per difendersi da una destra forte nei sondaggi e decisa a evocare «mille piazze» contro la nuova coalizione. Il terzo elemento, l’appello alla sobrietà verbale, dovrebbe essere la premessa per rendere verosimili gli obiettivi quasi enciclopedici indicati al Parlamento. La Lega di Salvini e i FdI di Meloni scommettono su un collasso dell’esecutivo entro primavera; e dunque sul voto anticipato che Salvini ha maldestramente inseguito con la crisi, l’8 agosto. Delineano un’opposizione «di popolo» contrapposta al «Palazzo»: vecchio schema demagogico caro anche al M5S, e riesumato per l’occasione, che permette di coprire le responsabilità di un leader leghista vero regista involontario della formazione del governo «giallorosso».

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