Assalto di 200 aspiranti ai posti di sottosegretario. Il premier: fate presto
«Noi siamo pronti», hanno fatto filtrare dal Nazareno i dem, per non farsi sfuggire la medaglietta di primi della classe. I 5 Stelle invece hanno chiesto altre 24 ore e, raccontano gli alleati, «sono spariti». Insomma, l’intesa non c’è ancora e non è detto che Conte, pur pressato dal Quirinale, riesca a chiudere la partita oggi stesso, magari dopo un ultimo vertice con i quattro ambasciatori, Patuanelli, Spadafora, Franceschini e Orlando. Il quartetto è preso d’assalto, candidature e autopromozioni sono oltre 200. Al Pd devono districarsi tra 120 aspiranti, mentre i vertici del M5S hanno avuto 14 richieste dalla sola commissione Agricoltura. E pazienza se Di Maio voleva «rose» di cinque petali. Durissimo il braccio di ferro allo Sviluppo. Il Pd alza la voce, chiede per Antonello Giacomelli le deleghe sulle telecomunicazioni e per Gian Paolo Manzella quelle dell’energia. Scontro anche sull’editoria, che Emilio Carelli contende ad Andrea Martella.
I 5 Stelle vogliono sfilare a Franceschini le deleghe sul turismo e Riccardo Fraccaro punta alle Riforme, che il Pd chiede per Roberto Cociancih. L’attuazione del programma, poi, piacerebbe al ministro Federico D’Incà. La trovata di Di Maio di scaricare i pezzi del puzzle sui tavoli delle commissioni ha scatenato gelosie, veleni, invidie. «La storia delle rose di nomi è una presa in giro», si sfoga un deputato silurato. E una fronda di oltre dieci onorevoli sta scrivendo un documento contro le rendicontazioni: «Basta con il caos degli scontrini, vogliamo pagare, ma a forfait». Dopo risse verbali diurne e notturne, i presidenti delle commissioni hanno compilato le liste dei papabili da consegnare a Di Maio.
Il duello tra Laura Castelli e Stefano Buffagni, su chi dovrà «tallonare» in via XX Settembre il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il vice in pectore Antonio Misiani, è finito in parità. Lei sarà viceministro e lui, che ieri ha parlato con il presidente Fico, sottosegretario: <Contano le deleghe, non le qualifiche». Nel Pd, dove vanno forte Lele Fiano all’Interno e Marina Sereni agli Esteri, c’è stata tensione su quanti posti assegnare ai renziani, che hanno indicato Ascani, Marattin, Malpezzi, Cocianchich, Fiano e Margiotta. Maurizio Martina ha chiesto quattro incarichi per i suoi, ma rischia di averne uno solo se accetterà di andare all’Interno come vice di Luciana Lamorgese. Per la Giustizia il M5S conferma Vittorio Ferraresi e il Pd pensa a Giovanni Legnini. In corsa anche due ex del governo Conte I, Elisabetta Trenta e Barbara Lezzi.
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