Assegno unico, il governo accelera L’idea di partire dai senza lavoro
In sintesi prevede che per ogni figlio a carico, cioè che non abbia un proprio reddito, venga riconosciuto un assegno unico di massimo 240 euro fino a quando compie 18 anni. Importo che poi scende a un massimo di 80 euro tra i 18 e i 26 anni. Le cifre indicate sono quelle massime, l’importo effettivo verrebbe calcolato in base al reddito dei genitori secondo una scala da definire. Ma in ogni caso, secondo la proposta, se il reddito dei genitori supera i 100 mila euro l’anno l’assegno non è dovuto.
I sussidi che ci sono adesso
Ma perché si chiama assegno unico? Per trovare le risorse necessarie verrebbero riassorbiti tutti gli strumenti, deboli e parziali, che oggi esistono a sostegno delle famiglie con figli. A partire dagli assegni familiari, che si trasformano in una piccola detrazione in busta paga. Sarebbe un modo per risolvere una serie di distorsioni che caratterizzano le misure in campo oggi. Qualche esempio in ordine sparso. L’assegno familiare è riservato ai lavoratori dipendenti, ai pensionati, e a poche altre categorie di lavoratori atipici. Gli autonomi sono tagliati fuori. L’assegno si mantiene nel periodo in cui si prende l’indennità di disoccupazione ma si perde quando scade. Chi fa la dichiarazione dei redditi può avere le detrazioni per familiari a carico ma solo a patto che abbia un reddito superiore agli 8 mila euro. Altrimenti, non pagando tasse. non può avere alcun vantaggio. Eliminando queste distorsioni, l’assegno unico farebbe chiarezza. E introdurrebbe un vero sostegno alla natalità, slegandolo da un tema importante ma diverso, il lavoro. Ma ha un difetto, quello solito: costa parecchio.
Il percorso a tappe
Per far andare a regime l’assegno unico servirebbero poco più di 3 miliardi aggiuntivi ogni anno per i prossimi tre anni. Troppi, almeno nell’immediato con quei 28 miliardi da trovare per i due «atti dovuti», lo stop all’Iva e il taglio del cuneo fiscale. La proposta, però, è finita sul tavolo non solo del ministro per la Famiglia, Elena Bonetti, ma anche del suo collega all’Economia, Roberto Gualtieri. Ed è piaciuta. Da qui l’idea di inserire un primo pezzetto dell’assegno unico nella manovra, in modo da farlo partire nel 2020. L’ipotesi allo studio è cominciare da chi è senza lavoro o dagli incapienti, quelli che dichiarano meno 8 mila euro l’anno. E non è un caso che nel programma di governo, nella parte in cui si parla dell’assegno unico, si promette «particolare attenzione alle famiglie numerose e prive di adeguate risorse economiche». Sempre che si trovino i fondi necessari.
I costi di Quota 100
Intanto la Ragioneria generale dello Stato, con uno studio chiuso a luglio ma rilanciato ieri, ha stimato in 63 miliardi di euro il costo di Quota 100 da qui fino al 2036. In media sono 0,2 punti di Pil l’anno. Lo studio diventa una pezza d’appoggio per l’idea della maggioranza, che non vuole prorogare Quota 100 dopo la scadenza fissata alla fine del 2021. E studia qualche correttivo per limitarne i costi nei prossimi due anni.
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