4 mila euro al mese di soldi pubblici per Mr. Russiagate
Sulla base delle notizie rivelate nell’inchiesta giornalistica la procura di Milano ha aperto un fascicolo per corruzione internazionale con Savoini principale indagato. Matteo Salvini sostiene di non aver mai preso un rublo, e tuttavia continua a fuggire dalle sue responsabilità persino di fronte al Parlamento. Il suo uomo più fedele, Gianluca Savoini, ripete da mesi lo stesso mantra: nessun finanziamento. Ma ha dovuto ammettere la sua presenza al Metropol e confermare l’esistenza della trattativa. A prescindere, però, di come sia finito il negoziato del Metropol, di certo non si può dire che il 2018 e il 2019 siano stati anni di magra per le casse di Savoini. Ha potuto contare, per esempio, su una lauta consulenza offerta da una controllata dalla Regione Lombardia e di una collaborazione sostanziosa con una società della galassia Ernst & Young, colosso da 250 mila dipendenti e leader nel settore dei servizi di revisione contabile.
A queste entrate si somma lo stipendio che Savoini percepisce da vicepresidente del Corecom Lombardia, l’organo regionale di vigilanza sul sistema delle telecomunicazioni, in pratica un satellite dell’Agcom nei territori. Una carica ottenuta per meriti di fedeltà politica. È stato eletto su proposta della Lega nel settembre 2018, a pochi mesi dall’inizio della legislatura giallo-verde e dall’arrivo alla presidenza della Regione di Attilio Fontana, il governatore leghista che ha scelto come capo segreteria l’ex compagna di Matteo Salvini, Giulia Martinelli. È il cerchio del potere lùmbard, con i suoi rituali che si tramandano di giunta in giunta, da Formigoni a Fontana passando per Roberto Maroni, con il Capitano sovranista che supervisiona.
Il fattore leghista da sempre decisivo, anche quando regnava Forza Italia, nella spartizione degli incarichi e delle poltrone della sanità e della partecipate. Savoini è parte integrante del sistema di potere del Carroccio, che si rinnova ad ogni legislatura. Dopo lo scoop dell’Espresso e del “Libro Nero della Lega”, i vertici del partito hanno provato a scaricarlo ( “Savoini chi?”), tuttavia i documenti in nostro possesso dimostrano l’organicità di Savoini nei meccanismi di spartizione. Non è l’unico dell’associazione Lombardia-Russia ad aver fatto carriera: Claudio D’Amico – ex parlamentare e socio di Savoini nella Orion di Mosca – è stato ingaggiato a Palazzo Chigi al seguito dell’ex vicepremier Salvini con il ruolo di consigliere strategico per 60 mila euro annui, sempre degli italiani.
Ma torniamo all’incarico ben remunerato di Savoini, che grava sui conti di Ferrovie Nord Milano.
UN TRENO PER SAVOINI
I soldi sono elargiti al fedele sherpa del leader sovranista da una delle società più prestigiose in mano al Pirellone. Ferrovie Nord Milano Spa è quotata in Borsa, e gli azionisti principali sono la Regione con il 57 per cento, Ferrovie dello Stato (14 per cento) e Anima Sgr.
Le carte lette dall’Espresso confermano che Mr. Russiagate ha percepito a partire da giugno 2018 2.600 euro mensili da Fnm. Il totale indicato nei documenti è di 35 mila euro, almeno fino a luglio scorso. C’è poi un secondo stipendio pubblico che Savoini inizia a percepire sempre nei mesi caldi della lunga trattativa che lo porterà nella hall del Metropol: ogni mese riceve 1.875 euro dal consiglio regionale della Lombardia per il suo ruolo di vicepresidente del Corecom. Insomma, grazie alla casse pubbliche padane, Gianluca Savoini incassa mensilmente più di 4 mila euro al mese. Quattrini dei lombardi, e quindi degli italiani. Non male per l’ex portavoce di Salvini. All’inizio dello scandalo moscovita il partito aveva provato a smarcarsi dalla sua ombra russa senza troppa convinzione. Per capire quale sia il ruolo ben pagato di Savoini in Ferrovie Nord abbiamo girato la domanda alla società. La replica è stata molto stringata: «Per prassi aziendale Fnm non fornisce informazioni e/o commenti sui propri rapporti contrattuali. Cordiali saluti». Resta un mistero, perciò, per cosa sia pagato Mr. Russiagate dalla controllata della Regione.
Ferrovie Nord Milano è totalmente a gestione leghista. I ruoli apicali sono ricoperti da uomini di partito scelti dai governatori, prima Roberto Maroni e poi il suo successore, Attilio Fontana. Il Cda è stato rinnovato tra aprile e maggio 2018, a poche settimane, quindi, dalla vittoria elettorale di Fontana e della Lega alla Regionali. Tra i consiglieri c’è Giuseppe Bonomi, manager e leghista della prima ora. Nel ruolo di presidente è stato confermato un altro padano doc: Andrea Gibelli, ex deputato, già segretario generale della giunta lombarda, vicepresidente della Regione con Formigoni governatore e assessore alle Attività produttive nella medesima legislatura. Gibelli è uno storico militante del Carroccio. Lo scorso anno è stato condannato in primo grado a dieci mesi nel processo contro l’ex presidente della Regione Roberto Maroni che, secondo i giudici di primo grado, è colpevole di aver raccomandato una sua ex collaboratrice. Gibelli all’epoca ricopriva il ruolo di segretario generale della Giunta. Si attende l’Appello.
Ferrovie Nord Milano è stata sfiroata di recente anche dall’ultimo scandalo delle tangenti che ha scosso il Pirellone. L’inchiesta che ha coinvolto Forza Italia e Lega insieme a un amico ed ex socio di Armando Siri, il senatore ideologo della flat tax. Tra gli indagati pure Attilio Fontana, sospettato di aver compiuto un abuso d’ufficio affidando incarichi pubblici a Luca Marsico, avvocato ed ex socio di studio del governatore. I fari dei pm si sono accesi su due consulenze. Una in particolare risale al settembre 2018, stipulata con Ferrovie Nord Milano per una cifra di 8 mila euro. Le intercettazione hanno rivelato un ulteriore dettaglio: il fratello di Marsico è stipendiato da Trenord, controllata da Fnm Spa. Luca Marsico si è difeso sostenendo che i suoi incarichi sono regolari e lui è competente per ricoprire quei ruoli. Saranno le indagini a ricostruire la verità. Intanto con la Regione in mano alla Lega, Savoini e i sovranisti padani possono dormire sonni tranquilli. Lo stipendio è garantito.
IL TRADUTTORE AUTOMATICO
È stato un anno d’oro per Savoini. Tra stipendi e consulenze ha totalizzato poco meno di 150 mila euro. Introiti maturati tutti con la Lega al governo, dopo giugno 2018, e con il dossier russo in piena evoluzione. Abbiamo detto degli stipendi di Ferrovie Nord e del Corecom. Denaro pubblico, dunque. Ma c’è anche una società privata che ha retribuito Mr. Russiagate per i suoi servizi. Si tratta della Global Shared Services Srl. Un’azienda che è controllata dal colosso Ernst & Young, leader nella consulenza e nei servizi di revisione contabile con sedi sparse per il mondo: dagli Stati Uniti all’Europa fino alla Russia.
In piena bufera scatenata dalle rivelazioni sulla trattativa del Metropol, il 25 giugno 2019, Global Service stacca un maxi bonifico a Savoini: 71 mila euro. Contattata dall’Espresso, la società satellite di Ernst & Young ha chiarito: «Global Shared Services Srl ha stipulato con il dott. Gianluca Savoini un contratto di collaborazione professionale relativo allo sviluppo commerciale di un software linguistico di traduzione automatica. Le attività previste dal contratto sono state ultimate nel corso dello scorso mese di marzo 2019».
Savoini, quindi, ha messo a disposizione la sua esperienza di giornalista, militante di lungo corso della Lega e di fondatore dell’associazione Lombardia-Russia per promuovere un sistema tecnologico per la traduzione. Non c’è traccia nel suo curriculum di specializzazioni simili. Il breve ritratto della sua carriera è un foglio di una decina di righe pubblicato sul sito del Corecom: laureato in Scienze Politiche, ha iniziato a scrivere per il “Corriere mercantile”, poi ha lavorato per la Padania, nel 2006 è diventato Direttore della Struttura Stampa del Consiglio regionale della Lombardia quando al Pirellone c’era Roberto Formigoni sostenuto dal Carroccio all’epoca ultra nordista di Umberto Bossi.
L’INDAGINE
Nel frattempo prosegue l’inchiesta della procura di Milano su Savoini, indagato per corruzione internazionale dopo la pubblicazione dello scoop sulla ricerca di soldi russi per l’ultima campagna elettorale delle europee. I pm vogliono vederci chiaro nell’operazione di cui hanno discusso il 18 ottobre Savoini e i sodali russi. Si parlava di una maxi compravendita di gasolio della quale avrebbe beneficiato il partito di Matteo Salvini. Rosneft avrebbe venduto a Eni, tramite la banca londinese rappresentata durante la trattativa dall’avvocato italiano Gianluca Meranda. Questo il piano rivelato durante l’incontro riservato nella capitale russa.
Oltre all’ex portavoce di Salvini, sul registro degli indagati ci sono i nomi dell’avvocato Meranda e del toscano Francesco Vannucci. Cioè gli italiani protagonisti dell’incontro politico-affaristico del 18 ottobre nell’hotel Mosca. Uno dei russi presenti al tavolo si chiama Ilia Yakunin, come avevamo già raccontato a febbraio scorso. La cinghia di trasmissione tra i leghisti e il potere putiniano. Al summit c’era anche Andrey Yuryevich Kharchenko, molto vicino al filosofo Aleksandr Dugin, l’intellettuale a capo del movimento euroasiatico, di cui Kharchenko è membro. Questi i tasselli che la procura di Milano sta cercando di ricomporre. Parallelamente i pm seguono i flussi di denaro dei personaggi coinvolti. Gli inquirenti stanno analizzando centinaia di transazioni e movimenti bancari forniti dalla Guardia di finanza e dall’Uif, l’agenzia di Bankitalia che si occupa di antiriciclaggio. Nel mirino decine di sigle di associazioni filorusse con sede in Italia con cui Savoini condivide la fede nell’ultimo zar: Vladimir Putin.
L’ESPRESSO
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