Ian Buruma: «Attenti, il populismo non è morto. E vi spiego perché»

di Alberto Flores D’Arcais

Il populismo perde colpi? Se guardiamo a quanto accaduto con il governo in Italia, alla gestione più che azzardata della Brexit da parte di Boris Johnson, alle difficoltà che sta incontrando Trump, potrebbe sembrare di sì. Qualcosa forse sta cambiando, ma farei molta attenzione prima di dare in ritirata quello che oggi viene definito populismo o sovranismo. Perché le cause che li hanno fatti prosperare, quelle che li hanno portati al successo in diverse democrazie occidentali che se ne credevano immuni, non sono state risolte». Ian Buruma, uno degli intellettuali più lucidi del nostro tempo, scuote la testa. E in questa intervista esclusiva per L’Espresso analizza lo stato del populismo oggi, tre anni dopo la Brexit e la vittoria elettorale di The Donald.

In questi tre anni il populismo è cresciuto?
«Difficile da dire, io credo che più o meno sia lo stesso di tre anni fa, almeno negli Stati Uniti. Ancora più complesso è capire a che punto sia il fenomeno in Europa, dove ogni anno si susseguono elezioni che vedono crescere i consensi per le forze sovraniste senza però che queste arrivino direttamente al potere. Con l’eccezione dell’Italia, che adesso però ha cambiato governo, della Gran Bretagna – il cui prossimo futuro è tutto da scoprire – e di alcuni paesi dell’Est europeo dove si è rafforzato, come l’Ungheria».

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