Renzi ha deciso: addio al Pd dal 20 ottobre

Al Nazareno il mood è identico: “Prima se ne vanno, meglio è, così potremo davvero rivoluzionare e aprire il Pd” (a LeU, di fatto). Qui, però, si deve entrare negli interna corporis della galassia renziana che è composta da due i tronconi: i pasdaran di ‘Sempre Avanti!’ (area di Giachetti e della neo viceministra Ascani), una decina di deputati e tre senatori, e i renziani moderati di ‘Base riformista’, l’area di Lotti-Guerini (quest’ultimo oggi ministro), circa venti senatori e 50 deputati. Se Renzi, formando i gruppi, vuole sfondare, deve farlo qui dentro in una guerra al coltello tra renziani.

I malumori degli esclusi dal sottogoverno (De Filippo, De Luca) non mancano, ma il grosso delle truppe resterà dov’è. Andranno via, oltre alla Boschi, Romano e Migliore, Rosato e Scalfarotto, Ascani e Nobili ecc. Basteranno per arrivare alla cifra di 20 deputati che serve per costituire un gruppo autonomo? Probabile, ma grazie ad alcuni innesti extra (Lorenzin e altri). Al Senato però è tutto più complicato. Quelli pronti a tutto sono cinque (Faraone, Bonifazi, Bellanova, Ginetti, Cerno) e dovranno traslocare nel Misto. Dove, ma solo grazie all’innesto di quattro/cinque senatori in uscita da FI e capitanati dal toscano Mallegni, si proverà il colpaccio: votare la sfiducia all’attuale capogruppo, De Petris (LeU), ed eleggersene uno in proprio, per contare den tro le Camere.

Mentre al governo il neo partito avrebbe due ministre, un viceministro e un sottosegretario. Il Conte bis, oltre a Pd-M5S-LeU, avrebbe così una quarta gamba Renzi.

QN.NET

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