Arrestati 12 capi ultrà della Juventus per estorsione e violenza. La società li aveva denunciati
Obbligo di dimora è stato disposto per Massimo Toia e Massimo Corrado Vitale. Geraldo Mocciola era già finito in carcere agli inizi degli anni Novanta per l’omicidio di un carabiniere e recentemente era stato colpito dalla misura della sorveglianza speciale perché considerato dalla procura di Torino vicino agli ambienti che si resero responsabili di infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva bianconera. Complessivamente sono state 225 mila telefonate intercettate e centinaia i pedinamenti che hanno permesso di sequestrare striscioni e materiali di stampo fascista in casa e in nascondigli segreti. Per tutti gli indagati è stato disposto il Daspo fino a 10 anni. «La Juventus è parte lesa: ha lavorato con noi, con la polizia di Stato, sin dall’inizio ha fatto la denuncia alla Digos, ci ha seguito passo per passo fino al risultato finale – ha sottolineato il dirigente della Digos di Torino Carlo Ambra- È stato possibile raggiungere questo risultato grazie alla collaborazione della Juventus».
Pesantissime le accuse nei confronti degli arrestati: associazione a delinquere, estorsione aggravata, autoriciclaggio e violenza privata. In queste ore sono in corso anche 39 perquisizioni in tutta Italia — Alessandria, Asti, Como, Savona, Milano, Genova, Pescara, La Spezia, L’Aquila, Firenze, Mantova, Monza, Bergamo e Biella — nei riguardi di altri 37 referenti di gruppi ultrà (oltre a quelli citati sopra, c’è anche il «N.A.B. – Nucleo Armato Bianconero»), anch’essi indagati.
A far scattare le indagini è stata la denuncia sporta dalla Juventus un anno fa. Secondo quanto rivelato dalla società agli inquirenti, dopo l’interruzione — alla fine del campionato 2017/2018 — di alcuni vantaggi concessi ai gruppi ultras, i loro referenti avrebbero messo in campo strategie estorsive per «ripristinare» quei vantaggi soppressi. I «Drughi», poi, sarebbero riusciti a recuperare centinaia di biglietti di accesso allo stadio per le partite casalinghe della Juve avvalendosi di otto biglietterie compiacenti sparse su tutto il territorio nazionale.
L’indagine della Digos è coordinata dall’aggiunto Patrizia Caputo e dalla pm Chiara Maina della procura di Torino. Agli indagati non viene contestata l’accusa di associazione di tipo mafioso, ma i fatti che l’accusa contesta agli arrestati si sarebbero svolti proprio dopo la conclusione della maxi inchiesta Alto Piemonte, che aveva portato a scoprire alcuni anni fa la presenza di legami inquietanti tra la ‘Ndrangheta e alcune porzioni della curva. Durante l’indagine, era morto Raffaello Bucci, storico volto della tifoseria. Bucci era stato sentito dal pm Paolo Toso, proprio sul bagarinaggio, e poche ore dopo l’audizione si era tolto la vita gettandosi da un ponte, tra Torino e Cuneo, nel luglio 2016. Sul quel misterioso episodio indaga ancora la procura di Cuneo. Al termine dell’inchiesta Alto Piemonte, che ha portato a varie condanne, il clima allo stadio era cambiato e non era stato più possibile fare compravendita di biglietti in nero. Molte dinamiche portate avanti da gruppi ultrà erano terminate. Dunque, per questi motivi, alcuni leader ultrà avrebbero iniziato a ricattare la Juve: «O ci date i biglietti o cantiamo cori razzisti e saranno problemi vostri», uno degli esempi di ricatto. La società ha denunciato tutti gli episodi alla Digos, compreso il fatto che la vendita illecita di ticket sarebbe proseguita.
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