Ambizioni, rimpianti, sfide: l’ossessione di Renzi
di Beppe Severgnini |
Nessuna persona perfettamente equilibrata diventa un leader politico.Per affascinare gli elettori, trascinare i sostenitori, resistere ai detrattori, ottenere successi e reagire agli insuccessi – oggi, ma anche ieri – servono personalità esagerate. Bisogna possedere una formidabile resilienza, un coraggio al limite dell’incoscienza e una grande opinione di sé.
Matteo Renzi rientra in questo profilo. La sua energia e la sua irrequietezza non sorprendono. Il suo egocentrismo, nemmeno. Ma non basta sapere questo. Bisogna provare a capire cosa l’ha motivato in questi ultimi anni, cosa lo ha risospinto al centro della politica (che aveva promesso di abbandonare) e, soprattutto, cosa lo ha convinto a lasciare il Partito democratico, che aveva appena contribuito a portare al governo, per annunciare una nuova formazione, Italia Viva, un nome in bilico tra un’esclamazione, un congiuntivo esortativo e un auspicio ambientale.
Perché Matteo Renzi ha fatto ciò che fatto? La prima risposta è ovvia, ma parziale: per provare a creare il «nuovo centro» da una posizione di potere – dentro la maggioranza di governo – senza correre il rischio di essere estromesso e dimenticato. Due participi passati che contengono la seconda risposta, e spiegano diverse cose. La decisione di Matteo Renzi ha, infatti, un aspetto tattico e uno scopo strategico; ma una origine psicologica.
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