Ambizioni, rimpianti, sfide: l’ossessione di Renzi
L’ex sindaco di Firenze – per temperamento e per età – non accetta di rappresentare il passato: vuole essere il futuro. Non gli basta avallare decisioni altrui; intende prenderne. Non sopporta di giocare in una squadra: pretende di schierarla e guidarla.
Niente di nuovo, direte voi. Attori, calciatori, celebrità televisive, grandi manager che lasciano l’incarico: quando la luce dei riflettori si spegne, sbucano i fantasmi (e devono intervenire consorti, amici e psicoterapeuti). Ma il caso di Matteo Renzi è più complesso, perché maggiore è l’ambizione e più grandi sono i rimpianti. L’ex presidente del Consiglio sa di aver sprecato l’occasione di restare al governo e provare a cambiare l’Italia, tre anni fa: la personalizzazione del referendum del 4 dicembre 2016 ha rappresentato, al di là di tutto, una colossale ingenuità (era evidente che avrebbe coalizzato gli avversari). Non solo. Matteo Renzi si guarda intorno e lo vede: l’astuzia politica abbonda, ma il talento scarseggia. Francesco Verderami ha ben riassunto sul Corriere questo rovello fiorentino: «Non sopporta di sentirsi leader senza esserlo».
Matteo Renzi – qualunque cosa pensiamo di lui, dei suoi metodi e delle sue traiettorie – è un politico naturale, sintonizzato sul tempo che stiamo vivendo: trent’anni fa non avrebbe inciso allo stesso modo, sessant’anni fa avrebbe incollato i manifesti del partito (forse). Ma nel primo quinto del XXI secolo l’ex sindaco di Firenze ha mostrato di avere ciò che occorre: rapidità di pensiero, capacità di sintesi, facilità empatica, spavalderia al limite della sfrontatezza.
Queste caratteristiche hanno spinto in alto personaggi diversi come Boris Johnson e Donald Trump. Alla fine del secolo scorso – il mondo anglosassone spesso anticipa le tendenze – Bill Clinton e Tony Blair. In Italia questo talento – la capacità di motivare, l’ossessione di piacere, la dote rabdomantica di intuire le debolezze dell’interlocutore – lo possedeva Silvio Berlusconi; lo possiede ancora Matteo Salvini. Che, come Renzi, ha trascinato le folle, imperversato sui social, raccolto molti voti (alle Europee), suscitato amori e odi. E poi, sul più bello, ha esagerato: l’esibizione al Papeete segnalava una smania inquietante e una perdita di controllo.
Il Papeete di Matteo Renzi potrebbe essere il concepimento in vitro di Italia Viva? No: la musica è diversa. Mentre il leghista di Milano è scivolato dall’alto, il progressista di Rignano sta risalendo dal basso. Con passione e convinzione, bisogna dire. Tutto lascia pensare, quindi, che la psicoterapia funzioni. Speriamo di non doverla pagare tutti noi, con una crisi di governo di cui l’Italia non ha davvero bisogno.
CORRIERE.IT
Pages: 1 2