Il peso del passato tra anatemi e perdoni

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di   Angelo Panebianco

Nel giro di poco tempo capiremo se l’Italia politica è ancora inchiodata ai tic e alle manie del XX secolo oppure se qualcosa di decisivo è cambiato. In particolare, capiremo se è ormai definitivamente dispersa l’eredità di quello che fu il partito comunista oppure se parte di quella eredità continua a dispiegare anche oggi i suoi effetti.

La capacità di durata e la forza dell’allora partito comunista, nonostante l’esclusione dall’area di governo, dipendevano dal fatto che esso era riuscito a convincere una larga fetta di italiani della propria superiorità morale rispetto ai (per definizione corrotti) partiti di governo. In sinergia con i miti del comunismo internazionale di cui il Pci era il rappresentante autorizzato in Italia, quella presunzione di superiorità non soltanto attraeva gli intellettuali ed esercitava un grande fascino sui giovani. Era persino in grado di intimidire e imbarazzare molti anticomunisti. La regolare sottorappresentazione nei sondaggi del partito di maggioranza (la Dc) dimostrava che certi elettori di quel partito si vergognavano di dichiararsi tali: persino molti suoi nemici erano condizionati dalla diffusa credenza nella superiorità morale del partito comunista.

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