Il traffico di rifiuti è meglio della droga: 690 roghi in 3 anni. Ecco perché

Il 14 ottobre dell’anno scorso prese fuoco un deposito alla periferia di Milano, e la puzza si sentì fino a piazza Duomo. La «terra dei fuochi» si era definitivamente estesa anche al Nord, con discariche e depositi ricolmi di scorie distrutti da autocombustione o incendi dolosi. La legge prevede che a far fronte alle spese di bonifica sia il proprietario dell’immobile. Ma se non lo fa, interviene la pubblica amministrazione, con i fondi di una fideiussione bancaria. Negli ultimi anni sono state queste garanzie obbligatorie a mitigare i danni. Anche nel caso milanese, la titolare dell’impianto di via Chiasserini aveva presentato una garanzia finanziaria di un milione di euro, ma poco prima del rogo era subentrata un’altra società, che non avendo presentato la fideiussione non aveva titolo ad operare. Quando la Città Metropolitana ha escusso la polizza, è arrivato il ricorso davanti al Tribunale Civile di Milano, che ha bloccato tutto. Ma la bonifica non può attendere i tempi dei tribunali, e per il momento deve pensarci la Città metropolitana di Milano che ha dato inizio ai lavori stanziando 2 milioni di euro.

I responsabili irreperibili o falliti

La bonifica di roghi e rifiuti abbandonati sta diventando un corposo capitolo di spesa. Solo la Regione Lombardia negli ultimi anni ha sborsato 12,4 milioni per quattro siti dei quali non è stato possibile risalire al responsabile della contaminazione. Altri 13,5 milioni sono andati a coprire le spese di bonifica di 13 depositi pericolosi per la comunità: in questi casi i responsabili sono falliti o irreperibili, e sarà necessario affrontare un processo per il risarcimento delle spese. Secondo l’ Ispra, ogni tonnellata di rifiuti data alle fiamme produce 1,8 tonnellate di anidride carbonica. Il rogo di via Chiasserini ne ha bruciate oltre 5.000 tonnellate. Quasi tutti questi impianti contenevano scarto non riciclabile del trattamento dei rifiuti, definito in gergo «sovvallo». Nel 2017 ne sono state prodotte 37,6 milioni di tonnellate. I volumi aumentano sempre di più così come i prezzi di conferimento all’inceneritore. Secondo Borsino dei rifiuti, società di servizi specializzata, ogni tonnellata smaltita costa in media 160 euro, con picchi di 240. Cinque anni fa il costo non superava gli 80 euro.

È più conveniente trafficare in rifiuti che in droga

La filiera illegale nata nelle pieghe di quest’emergenza è descritta negli atti dell’inchiesta condotta dalla pm Donata Costa sul rogo milanese del 14 ottobre, il cui processo è alle battute finali: «I produttori di rifiuti li conferiscono ad aziende formalmente munite di autorizzazioni ma in realtà operanti in un regime di illegalità». In questa fase entrano in gioco i broker specializzati in capannoni industriali dismessi che, come annotano gli investigatori, «vengono stipati di rifiuti senza alcuna precauzione per l’incolumità pubblica». Secondo la legge se lo spacciatore di droga rischia non meno di 10 anni di carcere, per il trafficante di rifiuti la pena prevede da uno a sei anni. Per il gestore della discarica non autorizzata di via Chiasserini, accusato anche di calunnia, il pm non ha potuto chiederne più di 6 anni e 8 mesi. In sei mesi aveva fatturato 1,4 milioni di euro. Per gli altri imputati, accusati di aver trasportato illegalmente dalla Campania migliaia di tonnellate di scorie plastiche, le pene richieste si aggirano tra i 3 e i 4 anni.

La miniera dei capannoni dismessi

I capannoni industriali dismessi sono le praterie su cui scorrazzano i trafficanti. In Veneto sono quasi 11mila, e il Veneto importa oltre 4,3 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno da altre regioni. La Lombardia 11,7. Insieme all’Emilia Romagna, attraggono il maggior numero di scorie prodotte in Italia, poiché qui si concentra il maggior numero di impianti di smaltimento, e di capannoni, dove abbondano roghi e abbandoni di enormi cumuli di rifiuti. Nel solo nord Italia, il Noe dei Carabinieri ne ha scoperti 34 in sei mesi. Quasi tutti erano stipati di materiale plastico. Il solito sovvallo. Un tipo di rifiuti non riutilizzabile, e che secondo le aziende di rigenerazione costituisce il 30% del totale.

La paura degli inceneritori

L’unica possibile destinazione finale per questa tipologia di scorie è l’inceneritore, o il termovalorizzatore, che bruciando i rifiuti produce anche energia: Brescia alimenta così l’80% del riscaldamento di tutta la città. In Italia ne sono attivi complessivamente 40, contro i 96 della Germania e i 126 della Francia. Nel nostro Paese i timori legati alle emissioni ne ritardano la diffusione. Ma anche le paure andrebbero aggiornate ai nuovi traguardi della tecnologia. Sul tetto del nuovissimo inceneritore di Copenaghen, si potrà sciare: è alto 85 metri, con emissioni molto al di sotto dei limiti di legge.

A Bolzano emissioni quasi a zero

Sulle emissioni in Italia abbiamo fatto di meglio con l’impianto di Bolzano, controllato al 100% da una società pubblica, la Eco-center. Utilizza una delle tecnologie più all’avanguardia nel mondo, e l’obiettivo è la copertura dei costi e gli eventuali utili interamente reinvestiti nel sistema. Produce energia elettrica e termica che viene immessa nella rete di teleriscaldamento, ed è in grado di riscaldare 10 mila alloggi e illuminarne 20 mila. Dal camino dell’impianto di Bolzano escono emissioni di gas, idrocarburi e metalli molto al di sotto dei limiti europei. La media dei valori delle polveri sottili totali sono di 0,05 milligrammi per metrocubo, a fronte di un limite europeo di 10. Ugualmente per la diossina: 0,00003 nanogrammi nel 2018, meglio dell’inarrivabile impianto di Copenaghen, che si ferma a 0,002. Il limite europeo è di 0,1.

Emissioni impianto di Bolzano +

I roghi: diossine fino a 100 volte i limiti

Nei giorni successivi al rogo di via Chiasserini nell’aria si è diffusa una quantità di diossina fino a 100 volte il limite europeo, con un picco 22 volte superiore il valore guida fissato dall’Oms (0,3). «Andrebbe verificato l’impatto epidemiologico di una simile catastrofe», dichiara Alberto Zolezzi, medico e deputato M5S. «Oltre ai problemi respiratori, a lunga scadenza ci potrebbe essere un picco di malformazioni congenite». Quindi in attesa che si differenzi di più e meglio, e prima che l’economia circolare diventi una realtà, che si fa? È meglio che i territori sprovvisti adottino qualche impianto modello Bolzano, oppure dobbiamo continuare ad intossicarci di roghi, discariche abusive e camion che vanno su e già per l’Italia? Con buona pace per i trafficanti visto che a nessuno viene in mente di aumentare le pene.

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