A chi giova davvero la riduzione dei parlamentari
di Angelo Panebianco
Entro due giorni la Camera, salvo incidenti, approverà in via definitiva la riduzione del numero dei parlamentari. Proprio in queste ore circola un appello di +Europa, il gruppo guidato da Emma Bonino, contro tale riforma. L’appello (sensatamente) dichiara inaccettabile una riduzione drastica del numero dei parlamentari che non sia «contestuale o successiva alle altre modifiche costituzionali riguardanti il ruolo e il funzionamento delle Camere». Quella misura, voluta dai 5 Stelle in nome di una ideologia antiparlamentare, verrà supinamente accettata, a quanto pare (a meno di ribellioni dell’ultimo minuto) dal Partito democratico allo scopo di preservare la stabilità del governo. Ciò è conseguenza della prevalenza numerica dei 5 Stelle, il partito di maggioranza relativa, ma anche della debolezza culturale del Pd. E, per la verità, non soltanto del Pd.
Si è sempre detto (correttamente) che il favore o l’ostilità per l’una soluzione istituzionale o per l’altra non sono mai soltanto espressioni di differenti valutazioni «tecniche» relative alla efficacia o meno delle varie misure. Dietro le scelte costituzionali (parlamentarismo, presidenzialismo, eccetera) come dietro la preferenza per un sistema elettorale o l’altro (maggioritario, proporzionale, eccetera) compaiono per lo più differenti visioni e differenti tradizioni politico-culturali. In gioco ci sono idee difformi sul dover essere della politica, dei rapporti fra politica e società, eccetera.
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