Carlo De Benedetti: «Gedi va risanata. I miei figli non sanno fare gli editori, non amano Repubblica»
di Aldo Cazzullo
L’ingegnere Carlo De Benedetti
Ingegner De Benedetti, lei il 14 novembre compirà 85 anni. Che senso ha ricomprarsi Repubblica e il gruppo Gedi?
«Sono ben conscio della mia età. Ma mi sento molto bene. E sono in condizioni di condurre in porto un’operazione in due tempi».
Perché in due tempi?
«Il primo: raddrizzare la gestione dell’azienda, che è stata del tutto inefficace».
Editoria
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Perché dice questo?
«Non
lo dico io; lo dice il mercato. Il metro dell’inefficacia della
gestione è il prezzo di Borsa cui il titolo è precitato: 25 centesimi.
E’ un’azienda senza vertice e senza comando. Una nave senza capitano, in
balia di onde altissime: perché il mestiere dell’editoria quotidiana
non è facile in nessuna parte del mondo».
Quale soluzione propone?
«Riprendere a investire pesantemente in un settore in cui Repubblica
per anni ha eccelso: il digitale. Poi verrà il secondo tempo. Una volta
che l’azienda sarà in condizione di navigare, pur sapendo che i mari
resteranno procellosi, dobbiamo trovare un approdo».
Lo scontro in famiglia
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