Manovra, come spartire 3 miliardi in più
A metà mattina Giuseppe Conte arriva ad Avellino e la prima cosa che fa è lanciare la traccia politica della manovra: “La maggioranza è compatta. È sbagliata l’impostazione di una manovra che sia la sommatoria di premure di una forza politica o di un’altra”. A fine giornata le parole del premier sono polvere. Il bollettino è impietoso: Pd e 5 stelle litigano sul taglio del cuneo fiscale e quota 100, i renziani giocano la loro partita puntando il dito contro la stessa quota 100 e le micro-tasse. Dentro la maggioranza è tutto un vortice di spin, accuse e contraccuse su chi sta facendo saltare il banco all’ultimo momento utile. Il Consiglio dei ministri slitta a martedì. C’è un sottotesto a queste tensioni: nel momento in cui vengono trovate le coperture, grazie a un tesoretto da 3 miliardi scovato dal Tesoro, gli appetiti dei partiti si scatenano.
La cronaca della giornata che doveva essere conclusiva e che invece ha fatto esplodere le tensioni interne alla maggioranza dice una cosa precisa: l’unità di intenti tra i dem e i grillini si è sfaldata in nome delle priorità legate al consenso politico. Ognuno tira la coperta dalla propria parte. I soldi fanno da catapulta. A via XX settembre i tecnici hanno trovato tre miliardi: gli incassi delle tasse pagate dalle partite Iva soggette ai vecchi studi di settore sono andati meglio del previsto e quindi si hanno più soldi a disposizione.
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