Intervista a Conte: «Non temo ribaltoni, questa è una manovra che ci spinge nel futuro»
Senza aumentarla solo
per ora. Avete disinnescato le clausole di salvaguardia per il 2020. Ma
per quelli dopo ammontano a 28,8 miliardi di euro. Ne mancano 18. Il
problema si riproporrà, no?
«Non è detto. Contiamo di
recuperare 9 miliardi nel prossimo triennio dalle misure di contrasto
alla lotta all’evasione. E la cifra può aumentare di molto col piano che
premia i contribuenti onesti con un superbonus. Sono risorse che
useremo per abbassare le tasse e impedire che l’Iva aumenti negli anni
successivi. E la diminuzione dello spread ci permetterà di risparmiare
oltre 18 miliardi nel prossimo triennio. La fiducia di cittadini,
imprese e mercati è la migliore alleata».
Le tensioni con Italia viva su contanti e fisco sono isolate, o teme rientrino in una strategia di logoramento?
«Sono
certo che convenga a tutte le forze politiche, Italia viva inclusa,
partecipare alla battaglia contro l’evasione fiscale, e usare le risorse
ricavate per abbassare le tasse. Non accetterei mai che la legge di
bilancio diventasse un terreno di scontro tra forze politiche desiderose
solo di intestarsi una misura o l’altra».
Non c’è un eccesso di aspettative verso le concessioni della Commissione Ue all’Italia?
«Abbiamo
oltre 14 miliardi di flessibilità, frutto di un rapporto serio ma mai
succube con le istituzioni europee, i cui nuovi rappresentanti sono
stati designati grazie al contributo essenziale dell’Italia. Abbiamo un
credito che possiamo giocare a nostro favore. Faccio notare che
all’indomani della manovra lo spread è sceso sotto i 130 punti base: non
accadeva da maggio 2018. E i rendimenti sui nostri titoli di stato
decennali sono ai minimi storici».
La lotta all’evasione
fiscale è un messaggio meritorio. Ma non sa più di tentativo di
persuasione morale che di azione incisiva?
«Non direi.
Abbiamo introdotto un meccanismo con cui rimborsiamo sotto forma di
bonus tra il 10 e il 19 per cento a chi effettua pagamenti con la carta
per una serie di spese. Significa che ogni anno, a gennaio, chi usa la
carta riceverà un super bonus che parte da 200 euro ma può essere più
sostanzioso. Su questa battaglia ho messo la faccia, e intendo portarla
fino in fondo. Serve coraggio, e sono pronto ad andare fino in fondo,
altrimenti non serve».
Lei ha rivendicato in
passato di essere un premier populista. Si sa come è andata col passato
governo. Conferma di sentirsi tale?
«Ho sempre inteso il
populismo nella sua accezione nobile, che si richiama all’articolo 1
della Costituzione per cui la sovranità appartiene al popolo. Significa
sapere ascoltare la gente, saperne interpretare le istanze, impegnarsi
con determinazione per dare risposte concrete. Questo lo facevo prima e
lo faccio ora. Solo negli ultimi giorni sono stato in Molise, in
Irpinia, la prossima settimana sarò a Torino. Chi ha responsabilità di
governo non deve solleticare la pancia della gente ma ascoltare,
confrontarsi con le comunità locali, visitare le nostre imprese per
conoscere da vicino eccellenze e situazioni critiche».
Come la Whirlpool di Napoli che chiude dopo che avevate esaltato l’accordo?
«Quella
della Whirlpool è una delle situazioni più critiche. Abbiamo sempre
voluto incoraggiare un accordo nell’interesse esclusivo dei lavoratori,
ma siamo realisti e ad oggi il piano proposto dall’azienda non ci
soddisfa».
Il M5S ha capito fino in fondo che si è aperta una nuova fase dopo le Europee?
«Il
voto del M5S a sostegno di Ursula von der Leyen ha rappresentato un
passaggio importante: il segno di un forte senso di responsabilità
nell’interesse dell’Italia. Stare in Europa con uno spirito critico ma
costruttivo significa contribuire a cambiarla, a renderla più solidale».
Come valuta la svolta europeista di Salvini? È presagio di future convergenze?
«Il
senatore Salvini ci ha abituato a repentini cambi di idea per
opportunità politica. Vediamo quanto durerà questa svolta europeista. Ho
sempre sostenuto che per cambia re l’Europa e far valere peso e forza
dell’Italia bisogna sedere ai tavoli europei e studiare i dossier. La
sovranità italiana si difende con l’autorevolezza e il confronto.
Battere i pugni funziona solo sui social».
Lei va dovunque e sembra bene accolto dovunque. Premier ecumenico o, come accusano gli avversari, trasformista?
«Ovunque
vada rimango fedele a me stesso e alle mie idee. Ma il confronto e
l’ascolto, anche verso coloro i quali non condividono le nostre idee o i
nostri principi, sono essenziali per chi ha un’alta responsabilità
politica e istituzionale: stare chiusi nelle stanze di un palazzo
sarebbe una iattura».
Ha chiesto amalgama tra M5S e Pd, ma c’è già stata una scissione. La frantumazione aiuta o destabilizza?
«Da
tutte le forze politiche, vecchie e nuove, mi aspetto lealtà e spirito
di collaborazione. Per cambiare l’Italia dobbiamo lavorare tanto nella
medesima direzione».
Il suo è l’ultimo governo della legislatura, o questa legislatura è condannata ai ribaltoni?
«Sono
abituato a lavorare con un orizzonte ampio. Abbiamo messo in piedi una
serie di riforme che hanno bisogno di tempo per esplicare i propri
effetti. I ribaltoni non mi preoccupano. E poi, abbiamo già visto ad
agosto che mosse avventate e irresponsabili non pagano».
Sull’immigrazione non avete esaltato un po’ troppo l’accordo a Malta? Salvini non smette di attaccarvi.
«L’immigrazione
è un tema complesso. Noi abbiamo lasciato da parte gli slogan, mettendo
al centro dell’agenda europea la costruzione di un sistema efficace e
condiviso sia nella redistribuzione sia nei rimpatri. Crediamo che la
strada imboccata sia quella giusta, ma sappiamo di dover lavorare perché
l’Europa sia più determinata sui rimpatri, evitando fenomeni di “pull
factor”. A Malta è stato messo il primo mattone per un meccanismo
automatico di redistribuzione dei migranti. Queste sono azioni concrete
che nulla hanno a che vedere con le semplici declamazioni».
Eppure, a volte si ha l’impressione sgradevole che la ministra Lamorgese sia lasciata un po’ sola.
«La
ministra Lamorgese sta rispondendo con i fatti a chi ha pensato che la
sicurezza nazionale e l’immigrazione fossero solo temi da campagna
elettorale. Lavora tanto e comunica meno, come è giusto che faccia chi
deve gestire un Ministero così complesso».
La crisi turca può rallentare gli accordi?
«Al
contrario. L’utilizzo strumentale del fenomeno migratorio, agitato dal
Presidente Erdogan e trattato alla stregua di una minaccia, dovrebbe
spingere l’Ue ad avanzare rapidamente verso la gestione dei flussi in
termini strutturali, uscendo da logiche emergenziali».
Lei non vuole parlare di incontri tra servizi segreti italiani e Usa prima di essere ascoltato dal Copasir. Teme qualcosa dalla relazione che il ministro della Giustizia William Barr sta redigendo dopo i suoi incontri in Italia?
«Assolutamente no».
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