Conte, il Pd e il piano B: se Di Maio e Renzi insistono, elezioni anticipate
di Francesco Verderami
La «cotta» politica non è passata: Di Maio sta con Renzi perché insieme hanno interesse a logorare Conte e il Pd di Zingaretti. Palazzo Chigi e Nazareno non avevano bisogno di assistere ai giochi pirotecnici di ieri per capirlo, infatti stavano già elaborando un «piano B». Il premier e il segretario del Pd non hanno intenzione di fare i cirenei nella maggioranza, di tollerare l’ansia da prestazione dei due alleati, di accettare che la logica dei sondaggi produca un bradisismo quotidiano nel governo. Se il disegno di Di Maio e Renzi — ritenuto peraltro «velleitario» — fosse quello di stressare la situazione e indebolire progressivamente l’esecutivo per arrivare a un cambio in corsa del presidente del Consiglio in primavera, allora è certo che Conte e Zingaretti giocherebbero d’anticipo. È uno schema per certi aspetti noto, se è vero che dieci giorni fa il ministro Guerini — in una riunione di partito — convenne con il leader del Pd: «Se ci provassero — disse riferendosi a Di Maio e Renzi — noi dovremmo tirarci indietro».
E stavolta sì che il premier si dimetterebbe, e il leader dem lo asseconderebbe, ritirando la delegazione da Palazzo Chigi e dichiarando l’indisponbilità ad altre opzioni di governo, con l’obiettivo di andare subito alle urne. Prima che il referendum formalizzi il taglio dei parlamentari e prima che le Camere modifichino il sistema elettorale. In tal caso si voterebbe con il Rosatellum, che per Renzi e Di Maio è criptonite, siccome li costringerebbe a schierarsi in un sistema di alleanze.
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