Brexit, Johnson ha chiesto il rinvio alla Ue

dal nostro corrispondente ANTONELLO GUERRERA

LONDRA – Aveva detto “meglio morto in un fosso” che un rinvio sulla Brexit. E invece ieri Boris Johnson si è dovuto piegare. In serata ha inviato una lettera per l’estensione al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ma non ci ha messo la firma e anzi ne ha allegata una seconda che smentisce la prima e definisce l’ennesimo rinvio della Brexit “un errore”. Uno stratagemma per salvare la faccia, ma che non ha turbato Tusk: “Ora la valuteremo”.

Gb, Westminster rinvia la Brexit. Johnson: “Non chiederò rinvio a Ue”, ma poi cede

dal nostro corrispondente ANTONELLO GUERRERA
Più che in un fosso, ieri Johnson è caduto in un trappolone, osannato con cori e giubilo fuori Westminster da centinaia di migliaia di manifestanti per un secondo referendum sulla Brexit. La trappola gliel’ha ordita Sir Oliver Letwin, ex parlamentare conservatore con una pettinatura del secolo scorso e il sorriso affilato. Il suo emendamento è stato votato 322 a 306 voti da opposizioni (Labour e Lib Dem), tory moderati e i furiosi unionisti nordirlandesi del Dup, “traditi da Boris” sull’Irlanda del Nord “separata” da Londra dopo la sua Brexit. E ha così imposto la richiesta di Londra all’Ue per un rinvio della Brexit al 31 gennaio 2020.

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