Gli elettori disancorati e l’offerta che non c’è
Sulla dimensione destra-sinistra, l’Italia ha da sempre mostrato una maggiore polarizzazione ideologica: tanti elettori situati verso i poli estremi. L’alta percentuale di elettori che oggi rifiutano di collocarsi suggerisce tuttavia un’altra interpretazione. L’irrilevanza delle nozioni di «destra» e «sinistra» è stata uno dei cavalli di battaglia dei Cinque Stelle (più di recente anche della Lega, almeno in parte). Evidentemente la loro campagna ha fatto presa. Il partito più votato dai non collocati è infatti diventato proprio il movimento Cinque Stelle, il secondo la Lega. Una conferma in negativo viene anche dal dato umbro. La metà del voto grillino ha alimentato l’astensione. Alleandosi con il Pd (e Leu) i Cinque Stelle hanno fatto una scelta di campo che per molti elettori ha tradito la supposta natura post-ideologica del movimento e il suo posizionamento sulla nuova dimensione popolo-élite (obiettivamente difficile da mantenere quando si diventa élite, appunto).
Qual è il profilo degli elettori di centro? Dai sondaggi si possono cogliere alcuni caratteri e tendenze generali, che peraltro valgono anche per i centristi degli altri Paesi. Si tratta di elettori appartenenti al ceto medio, più giovani che anziani, con buoni livelli di istruzione. Non stanno male dal punto di vista economico, ma molti di loro si sentono potenzialmente vulnerabili e ritengono che la propria condizione sia un po’ peggiorata negli ultimi cinque anni. Sono preoccupati di poter perdere occupazione e reddito e dunque non sono ottimisti nei confronti del futuro. Tendono a fidarsi dell’ Unione europea e delle istituzioni in generale. Non temono gli sbarchi, ma vorrebbero che il fenomeno immigrazione fosse meglio gestito. Se sono giovani o adulti con una famiglia propria, dichiarano di ricevere prestazioni di welfare poco adeguate ai loro bisogni. Per quanto riguarda, infine, le scelte di voto, c’è stato un cambiamento. In passato i centristi tendevano a votare per il Pd o per Forza Italia. Poi molti sono passati ai Cinque Stelle da un lato e alla Lega dall’altro. Alle Europee il voto centrista per i Cinque Stelle è diminuito (fenomeno confermato anche in Umbria), mentre quello per la Lega è lievemente aumentato. Per il Pd vota più o meno il 17% dei centristi. Da notare che circa il 20% degli elettori di centro si è astenuto alle Europee oppure ha votato scheda bianca.
Tiriamo le fila. L’Italia ha oggi una quota molto consistente di elettori «disancorati» (quel 26% che rifiuta di collocarsi), senza più i punti di riferimento su valori e politiche pubbliche forniti nel passato dalle nozioni di destra, sinistra e centro. Oltre ai non collocati, possiamo includere in quest’area anche un quinto dell’elettorato centrista, che si rifugia nell’astensione (sul totale degli elettori: fra il 5% e il 6%). Dal canto loro, i centristi che esprimono una preferenza di voto non hanno un interlocutore stabile e credibile: sono ondivaghi perché «non sanno chi votare». Dato il loro profilo, sarebbero interessati a un’offerta politica moderata e pragmatica, calibrata sulle loro esigenze: più occupazione, più welfare per giovani e famiglie, più prospettive di crescita e mobilità sociale, politiche migratorie intelligenti e così via. È probabile che una tale offerta potrebbe attrarre anche molti dei non collocati. Il problema è che questa offerta non c’è e non riesce ad emergere. Si genera così un circolo vizioso: cresce la frustrazione dei centristi, la loro fuga verso l’astensione, il loro allontanamento dalla politica. Ma senza la spina dorsale del centro quale futuro può avere il sistema politico italiano? Le parole che vengono in mente sono: frammentazione, polarizzazione, instabilità, ingovernabilità. Con un mondo sempre più diviso e conflittuale e una Europa ancora molto debole dopo la lunga crisi, c’è davvero poco da stare allegri.
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