Una giornata da navigator, interviste e computer lenti
di Antonio Crispino e Federico Fubini
Da un lato le finestre sulle colline che digradano luminosamente verso Pescara e l’Adriatico, dall’altro la piazza medievale di Penne e le pendici severissime del Gran Sasso. In mezzo, in una stanza stretta fra le finestre, due giovani uomini sbarbati di fresco in jeans e maglia di lana: Francesco Gallo, 25 anni, laurea in scienze politiche con tesi sul pentastellato reddito di cittadinanza e sul reddito d’inclusione renziano, poi un’esperienza all’ufficio smistamento delle Poste; e Diego La Torre, 40 anni, tesi in psicologia del lavoro, un passato da manager di call center con cento addetti sotto di sé e un reddito da 1.500 euro al mese, assegni familiari inclusi per i due figli piccoli. Sono colleghi. Sono navigator del centro per l’impiego di Penne, Abruzzo. E non hanno tempo da perdere: entro dicembre devono convocare 528 percettori del reddito di cittadinanza, intervistarli, profilarli, stipulare con loro «patti per il lavoro» o, nei casi senza speranza, «trasformarli» (in gergo, mandarli ai servizi sociali).
Anche stamattina ciascuno dei due navigator ha convocato sei o sette beneficiari. Poiché rischiano di perdere l’assegno se spariscono, quelli si presentano quasi sempre. La liturgia ogni volta all’inizio si somiglia, poi diventa sempre più varia man mano che passano i minuti e vengono a galla i drammi personali di ognuno. Gallo sta già parlando con una coppia di disoccupati di mezza età, lei abruzzese, lui senegalese, due figlie di dodici e quattordici anni. Più parla, più è chiaro che sono diversi: lui è fabbro da quando abitava a Dakar ma è pronto a tutto pur di lavorare, lei teme soprattutto di trovare un posto che le faccia perdere il reddito di cittadinanza.
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