Giorno dei morti, perché si celebra il 2 novembre

E allora come siamo arrivati a festeggiare il giorno dei morti all’inizio di novembre? Per rispondere a questa domanda dobbiamo andare in Francia, più esattamente nell’abbazia di Cluny nella regione storica della Borgogna. Qui viveva il benedettino sant’Odilone (961-1049), quinto abate di Cluny e ideatore della riforma cluniacense, con la quale venne stabilito tra le altre cose che per celebrare i defunti le campane dell’abbazia dovevano suonare con dei rintocchi funebri appena dopo i vespri del primo novembre. Non solo: infatti, si decise inoltre che il 2 novembre l’eucaristia sarebbe stata offerta “pro requie omnium defunctorum”, ossia in memoria di tutti i defunti.

Il Giorno dei morti in Italia

Nel nostro paese in questa ricorrenza è consuetudine far visita e portare fiori ai propri cari nei cimiteri. Ogni regione, potremmo dire anche ogni città, ha le sue tradizioni locali. Eccone alcune:

A Roma la tradizione vuole che si consumi il pasto accanto alla tomba di un parente per fargli compagnia.

In Sicilia, è usanza far credere ai bambini che se sono stati buoni e hanno pregato per i loro cari defunti, quest’ultimi torneranno per portare dolciumi e regali. Il dolce più classico sono i tradizionali “pupi di zuccaro”, ossia bambole di zucchero con castagne e cioccolatini.

In Sardegna il 2 novembre i bambini si recano di porta in porta per chiedere offerte e ricevere in dono pane fatto in casa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci.

In Trentino le chiese fanno risuonare le campane molte ore per chiamare le anime che si dice si radunino intorno alle case a spiare alle finestre. La tavola, nel frattempo, resta imbandita e il focolare acceso per tutta la notte.

In Friuli è tradizione lasciare un lume acceso, un secchio d’acqua per far dissetare l’anima e del pane per sfamarla.

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