Siamo un Paese che teme la pioggia

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di   Gian Antonio Stella

Avete presente Bologna? Si adagia su quarantasette chilometri quadrati ed è così ampia che Francesco Guccini arrivò a cantarla come «una vecchia signora dai fianchi un po’ molli / col seno sul piano padano ed il culo sui colli». Bene: spiega l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, che l’Italia nell’ultimo triennio ha consumato ogni anno più suolo dell’intero territorio del capoluogo emiliano. Cioè 47,8 chilometri quadrati nel 2016, 50,8 nel 2017, 48,2 nel 2018.

Che c’entra la progressiva impermeabilizzazione del territorio con le esondazioni, le frane, le auto travolte dall’acqua di questi giorni? C’entra. Ogni rigagnolo che si gonfia rovesciandosi a valle seminando il panico a ogni autunno piovoso, veniva un tempo assorbito da terreni in grado di filtrare l’onda di piena fino a quando poteva avviarsi senza l’aggressività di oggi verso il suo sbocco naturale. Ma ora? Due dati dicono tutto: il territorio urbanizzato in Europa è intorno al 4,3%. Da noi il 7,65. Non il doppio, ma quasi. Peggio: nonostante il nostro Paese abbia solo il 23,2% della sua superficie pianeggiante (e dunque più preziosa) contro il 76,8% di montagne o colline, ci sono regioni dove il consumo effettivo del territorio (quello buono, s’intende) s’impenna al 14,7% (Veneto), 16,3% (Lombardia), 17,3% (Campania) o addirittura al 22,8. Dove? In Liguria.

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