Siamo un Paese che teme la pioggia
Quella Liguria dove ogni anno si ripresentano i problemi maggiori. Come nell’autunno 2018, esattamente in questi giorni. Con danni pesantissimi per tutta la costa. Uno sfogo di collera di Poseidone? Mah… Più probabile l’onda lunga di scelte scellerate. Basti dire che il suolo consumato all’interno delle aree a più alta pericolosità idrogeologica (ancora dati Ispra) è del 13% nelle Marche, dell’11,2 in Toscana, dell’11 in Emilia-Romagna e via via sempre meno nel resto della penisola mentre quello consumato in Liguria si inerpica al 30,1 per cento. Valeva la pena? Col senno di poi, no. Non è certo un caso se l’Italia è uno dei paesi più colpiti d’Europa da fenomeni idrogeologici, con 620.808 frane che interessano in maniera più o meno pericolosa 7.275 comuni, pari al 91,1% del totale.
Certo, gli investimenti degli ultimi anni su Genova, dove giorni fa è stato pubblicato il bando europeo per la copertura del tratto finale del Bisagno («È il fischio d’inizio di un’opera di cui si parla da circa 50 anni, dalla tragica alluvione di Genova del 1970», ha detto il governatore ligure Giovanni Toti) sono stati importanti. E così quelli in Toscana, con l’obiettivo di frenare ogni onda di piena a monte di Firenze, «trasferendo almeno 40 milioni di metri cubi di acque di piena in aree di esondazione controllate dove “immagazzinarle” in sicurezza». Evviva. Ed evviva anche per altri interventi in Sicilia come la messa in sicurezza di Giampilieri, dove dieci anni fa una frana uccise 37 abitanti e ne ferì altri 95. Per non dire dei tre miliardi e 145 milioni messi a disposizione della Protezione Civile per aiutare le popolazioni e i territori colpiti da un anno in qua dalla tempesta Vaia e altre calamità naturali. Soldi che, spiega Angelo Borrelli, saranno investiti in oltre seimila interventi a difesa del territorio.
È una svolta? Fino a un certo punto. I grandi piani di risanamento di un territorio fragile come il nostro, piani che non mettano volta per volta solo generose toppe alle nuove lacerazioni sismiche o idrogeologiche, piani che siano varati da larghe maggioranze parlamentari perché possano proseguire per i decenni necessari a prescindere da chi sarà al governo, non si sono visti. Anzi, potete scommettere che purtroppo, comunque vada a finire, chi arriverà butterà tutto il lavoro dei predecessori. Fossero pure progetti di puro buonsenso. Del resto così è andata, finora.
Risultato? Dice tutto una tabella riassuntiva del Piano Italiasicura. Prevede contro il dissesto del territorio «9.397 interventi in tutte le regioni per una cifra complessiva di circa 27 miliardi di euro». Dei quali una dozzina già disponibili. Qual è il nodo? Che di quei 9.397 interventi solo 1.089 sono già al progetto esecutivo. Pronti ad aprire i cantieri. Tutti gli altri sono ancora allo studio di fattibilità, al «preliminare» (quasi la metà) o al «definitivo». Per capirci: il 93,3% dei progetti contro il dissesto è ancora lontano lontano dall’arrivo. Auguri. E noi dobbiamo restare lì, a scrutare il cielo con l’incubo di nuovi diluvi.
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