Caduta del muro di Berlino, il sogno di un’Europa più grande
di ANTONIO PATUELLI
Berlino, 5 novembre 2019 – Trent’anni fa io c’ero a Berlino in quei giorni in cui finalmente si aprì il Muro (solo poi divenne abituale parlare di “caduta” del Muro). A Berlino ero stato più volte in precedenza, quando la Germania era divisa in due: vi ero arrivato anche in treno, con numerose soste e pagamenti di pedaggi obbligatori per l’attraversamento dei territori della Ddr, la Germania dell’Est. Anche da studente ero andato a Berlino Est (venendo da Berlino Ovest): un’impressione fortissima di rumori di ferraglie, di gabbie, di confini fisici molto definiti e controllati in stazioni ferro-metropolitane sotterranee.
Fino al 1989 Berlino Est era molto militarizzata, ma non completamente ricostruita nella sua parte di centro storico. La stessa storica sede dell’Ambasciata d’Italia non era agibile e la residenza dell’ambasciatore era una villetta nella periferia. In quei giorni di novembre dell’89 arrivai in aereo a Berlino dalla Polonia che, sotto l’alta protezione dell’allora Papa, il polacco Giovanni Paolo II, si era alleggerita prima del tradizionale opprimente dominio postbellico sovietico.
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