Ilva, l’ultima mediazione sull’immunità: potrebbe essere estesa oltre Taranto
di Monica Guerzoni
Somiglia a uno scudo, ma scudo non è. I ministri che lavorano al dossier lo chiamano «immunità penale» ed è lo strumento con cui il governo di Giuseppe Conte vuole «togliere ogni alibi» ai vertici di ArcelorMittal, per costringere il colosso mondiale dell’acciaio a rispettare il contratto che li lega alla ex Ilva di Taranto. Per Giuseppe Conte è una partita decisiva e il presidente vuole giocarla a carte coperte. «Se anticipassi le soluzioni possibili sarei più debole nella trattativa», ha spiegato l’inquilino di Palazzo Chigi alla vigilia dell’incontro con «gli indiani», che oggi a porte chiuse ribadiranno al premier la ferma volontà di abbandonare l’Ilva al suo destino. Uno scenario così drammatico, per Taranto, per l’Italia e per l’esecutivo giallorosso, che Conte, spronato dal Quirinale a risolvere presto e bene il caso, ha chiamato a raccolta l’intera squadra: «È il momento della responsabilità». E così, dopo le polemiche furibonde di lunedì, nella maggioranza i toni sembrano essersi fatti meno striduli. Va bene la competizione politica, ma nessun partito ha interesse a sfidare la rabbia e il dolore di una città ferita. Matteo Renzi ha smentito di voler ripescare la cordata Jindal, dai microfoni di Radio1 si è messo sulla lunghezza d’onda di Palazzo Chigi («Se Mittal se ne va, gli si chiede i danni e si passa al secondo») e ha persino dato ragione a Conte. la crisi dell’impianto
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