La Brexit, la Guerra Fredda e “la spia che corre sul campo”

Maria Antonietta Calabrò

La Brexit vista con gli occhi di chi ha guerreggiato la Guerra fredda (di cui festeggiamo sabato 9 novembre la fine, con il trentennale anniversario della Caduta del Muro di Berlino), non è una bella visione. Per niente. Ed ecco che “La spia corre sul campo”. 

E’ un romanzo, certo, cioè un’opera di fantasia, e quindi con la precisazione che “qualsiasi analogia con fatti, luoghi e persone, vive o scomparse, è assolutamente casuale”, ma Nat, un veterano con 47 anni nel Secret Intelligence Service britannico, ci spiega tutti i dubbi sulla Brexit dell’establishment del suo paese, rappresentato al suo più alto livello, e cioè l’intelligence.

Nat deve combattere contro un Giano bifronte: l’americanizzazione della Gran Bretagna e l’interferenza russa. Ma secondo il romanziere John Le Carré  sono le due facce di una stessa medaglia. Lo esprime con dialoghi estremamente crudi, ma che rendono l’idea.

Dice Arkady quello che un tempo era un “traditore” russo di altissimo livello a Nat (il suo “reclutatore” e “manipolatore”):

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