Il web ha bisogno di regole non di «censura privata»

di Giovanni Pitruzzella

Illustrazione di Fabio Sironi

Illustrazione di Fabio Sironi

L’ignobile campagna d’odio contro la senatrice Segre ha riproposto all’attenzione pubblica il tema di come contrastare il diffondersi di discorsi d’odio e false informazioni sul web. Per affrontare questo problema bisogna rispondere a un interrogativo preliminare: chi deve stabilire le regole sulla libertà di informazione in Internet? Tali regole devono essere decise autonomamente dalle società tecnologiche oppure c’è un ruolo che dovrà essere svolto dagli Stati? Mark Zuckerberg ha annunciato che istituirà un Tribunale di appello al quale chiunque potrà rivolgersi per contestare le decisioni adottate da Facebook sui contenuti da lasciare e quelli da rimuovere dalla piattaforma. Un tribunale privato che eserciterebbe, secondo regole stabilite da un’impresa, la giurisdizione sui conflitti che riguardano la libertà di informazione nella rete. Recentemente alcune società tecnologiche (Google, Facebook, Twitter, Microsoft, Mozilla) hanno presentato alla Commissione europea il primo rapporto annuale sulle politiche che ciascuna di esse segue per contrastare false informazioni e discorsi d’odio, alla luce del codice di autoregolazione da esse sottoscritto su proposta della Commissione.

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