ArcelorMittal, la minaccia di Di Maio: se torna lo scudo governo a rischio
La risposta di Barbara Lezzi è durissima: «Te lo scordi che voto questa roba», dice. E se ne va, sbattendo metaforicamente la porta con dieci minuti di anticipo. Più variegati i pareri degli altri presenti, rifocillati da parecchi caffè. Alcuni sulla linea Lezzi, altri più morbidi. Anche perché, pochi giorni fa, i parlamentari tarantini hanno segretamente chiesto e ottenuto un incontro con i commissari straordinari dell’Ilva, chiedendo loro se fosse davvero necessario lo scudo. La risposta è stata affermativa: «Ci hanno detto che è fondamentale per togliere un alibi all’ArcelorMittal per il recesso». Esattamente quello che pensa il premier. Che vuole essere coperto durante la trattativa: «Se vado a parlare con l’azienda, e mi chiedono lo scudo, devo essere sicuro di poterlo fare». Federico D’Incà ha spiegato ai presenti: «Fidatevi di Conte». A domanda in Transatlantico la Lezzi risponde così: «Se mi fido di Conte? Per forza dobbiamo fidarci». E Di Maio? Risatina e niente risposta.
Il leader politico dei 5 Stelle assicura pubblico «sostegno all’azione collegiale del governo», ma è la sortita finale nella riunione che preoccupa. Di Maio avverte: «Se venisse messo un emendamento che introduce lo scudo e fosse posta la fiducia, sarebbe un problema enorme per la maggioranza. Il governo rischierebbe». Crisi evocata apertamente. Per evitarla o per invocarla? «Cerca il casus belli, vuole forzare per rompere», dicono alcuni esponenti 5 Stelle, sottolineando che sono solo «una manciata» i deputati per il no allo scudo (una decina al Senato). Il muro di Lezzi Alla riunione con Conte, Lezzi dura sullo scudo: te lo scordi che io voto questa roba Nessuna voglia di crisi, sostengono i fedelissimi di Di Maio: «È Zingaretti che vuole il voto, non Luigi». Anche se molti dell’inner circle del capo politico nelle ultime settimane si sono allontanati da lui e guardano con più attenzione alle mosse del premier Conte. Tra i più «contiani» ci sono i ministri Stefano Patuanelli e Alfonso Bonafede, ma anche Riccardo Fraccaro. Conte è preoccupato per la tenuta del Movimento. Vede un disimpegno di Di Maio, che sembra non volerci mettere la faccia. Sa che in caso di successo con l’ArcelorMittal, il merito sarà collettivo, in caso di sconfitta, perderà da solo. Domani ci potrebbe essere un Cdm sul tema. In più, si avvicinano le Regionali. Il fallimento sull’Ilva, magari con incidente parlamentare, e un crollo dem in Emilia-Romagna, condito da risultati deludenti per M5S (se deciderà di presentarsi), non sarebbero un buon viatico per il proseguimento del governo oltre la primavera.
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